Una mostra speciale dove i bambini guardano il visitatore quella di Mauro Raffini a Brescia
Il MO.CA. /Centro per le nuove Culture di Brescia presenta la mostra fotografica Masnà. Vite sospese tra centro e periferia
MO.CA. /Centro per le nuove Culture di Brescia è un incubatore di progetti innovativi nel campo dell’arte, cultura e creatività contemporanea.
Dal 2016 ha sede nello storico Palazzo Martinengo Colleoni di Malpaga e negli anni si è sviluppato come un laboratorio di sperimentazione progettuale e uno spazio di aggregazione che offre esperienze artistico-culturali e occasioni di crescita professionale e imprenditoriale.
Dal 18 maggio, sempre all’interno della programmazione di Testimoni, Brescia Photo Festival – VII edizione, MO:CA presenta Masnà. Vite sospese tra centro e periferia del fotografo Mauro Raffini, una mostra speciale che fa sentire il visitatore osservato… da bambini che ci guardano.
Il pensiero va al film di Vittorio De Sica (1943) con la sceneggiatura di un ispirato Cesare Zavattini.
Naturalmente qui il contesto è diverso, parliamo di fotografia e non di cinema, due mezzi che esprimono la lingua delle immagini con strumenti e modalità differenti ma la medesima capacità di penetrare nei sentimenti del pubblico.
Le fotografie esposte ci riportano agli anni della grande migrazione dal Sud al Nord, più precisamente a Torino, dove il lavoro alla FIAT sembrava essere stabile e sicuro, dentro un quadro sociopolitico che risentiva ancora degli effetti del boom economico.
Gli anni sono quelli che vanno dal 1969 al 1979, anni cruciali densi di euforia rivoluzionaria, di conquiste di diritti fondamentali, di lotte e sconfitte, della “strategia della tensione” e della tragica stagione del terrorismo. Mauro Raffini ha attraversato quel periodo come giovane fotografo, attento ai cambiamenti, sensibile tanto alle manifestazioni quanto alle condizioni di vita di una nuova classe operaia.
E dentro questo processo l’inevitabile, e a volte struggente, presenza dei bambini.
Vite difficili, quasi sempre ai margini, cresciuti nelle isolate periferie dell’edilizia popolare di Torino.
Un mondo a parte che ci parla di immigrazione e povertà, che ci interroga sul senso di quei viaggi intrapresi alla ricerca di una vita migliore.