La coppia di artisti croati che forma il gruppo TARWUK presenta alla collezione Maramotti quattro sculture che sono luoghi simbolici di perdita e conflitto.
TARWUK. Ante mare et terra
Lo stabilimento della casa di moda Max Mara, in via Fratelli Cervi a Reggio Emilia è stato dismesso nel 2003 allorché l’azienda, cresciuta notevolmente, si è trasferita in un nuovo e più moderno complesso.
Da allora, ristrutturato in spazio espositivo lo Stabilimento è diventato la sede della collezione d’arte di Achille Maramotti, fondatore di Max Mara, nonché di mostre temporanee.
Dal 17 ottobre ospita la mostra Ante mare et terras, prima esposizione in Italia della coppia di artisti croati TARWUK (Bruno Pogačnik Tremow e Ivana Vukšić)
Nati nella Jugoslavia socialista e cresciuti nei Balcani nel periodo della guerra d’indipendenza della Croazia (1991-’95), i due artisti che formano TARWUK oggi vivono e lavorano a New York.
Essi considerano le loro sculture luoghi simbolici di perdita e conflitto soggetti a dissezione anatomica, ma anche organismi che racchiudono una dimensione di rigenerazione e rinascita: tra i materiali di scarto tecnologici affiorano le tracce di una bellezza e di una possibilità di trascendenza.
Alla collezione Maramotti essi presentano quattro sculture di grandi dimensioni e una serie di disegni suddivisi tra la Pattern Room e una lunga parete all’ingresso della Collezione.
La scultura Tužni Rudar (2018) è stata concepita da TARWUK come opera iniziale del progetto e come prima fase di un processo di metamorfosi che si sviluppa attraverso le altre tre sculture/situazioni sceniche presenti in mostra.
La costante elaborazione della figura umana rappresenta il risultato formale di un inabissamento, di una profonda ricerca sull’identità e sui segni che memorie e tensioni inconsce imprimono sui corpi, modellandoli fisicamente.
Nelle opere mutaforma di TARWUK, in equilibrio tra essere e divenire, coesistono diversi livelli e stratificazioni di tempi e materiali.
Le sculture sembrano originarsi da un passato archeologico e totemico denso di frammenti e reliquie che, filtrato attraverso una riflessione presente al contempo soggettiva e universale, le trasforma in tormentate creature fanta-futuristiche e potenzialmente distopiche.