Rappresentazione dello spazio e luce sono al centro delle tele tridimensionali di Enrico Castellani
Il Museo d’Arte di Mendrisio ospita una mostra antologica su Enrico Castellani, aperta al pubblico dal 24 marzo al 7 luglio
Fino al 7 luglio 2024 il Museo d’Arte di Mendrisio nello svizzero Canton Ticino, dedica una mostra retrospettiva a Enrico Castellani (Castelmassa, 1930 – Celleno, 2017), uno dei grandi maestri dell’arte del Novecento.
Curata da Barbara Paltenghi Malacrida, Francesca Bernasconi, Federico Sardella in collaborazione con la Fondazione Enrico Castellani, la mostra dal semplice titolo Enrico Castellani presenta sessanta opere che spaziano lungo l’intera carriera dell’artista e intende offrire un viaggio attraverso la sua ricerca artistica.
Enrico Castellani è stato uno tra i massimi esponenti della scena artistica del secondo Novecento, lavorando tutta la vita alla propria idea di rappresentazione dello spazio sulla tela.
Con il suo lavoro attento e preciso Castellani ha raggiunto risultati tali da divenire una delle figure di riferimento dell’arte a livello internazionale.
La mostra al Museo d’arte Mendrisio non è soltanto la sua prima esposizione di Castellani in Svizzera ma costituisce anche la prima retrospettiva dopo la morte dell’artista.
L’intento di questa esposizione è quello di offrire una visione complessiva della straordinaria carriera di Castellani, dalla fine degli anni Quaranta al primo decennio del XXI secolo.
Le sale del Museo offrono al pubblico una visione del lavoro di Castellani distinto per nuclei di opere accomunate da analoghe peculiarità seppur nell’estrema varietà degli esiti, in un andamento prettamente cronologico, che consente di cogliere le diverse fasi del suo percorso di ricerca,
Spazio, tempo, variazione, ripetizione: in un’infinita scala di combinazioni le superfici monocrome di Castellani cancellano l’idea classica della rappresentazione per aprire nuovi canali percettivi.
Il suo alfabeto visivo parla la lingua della luce, le sue superfici, come lui stesso scrisse nel 1961, «non facendo più parte del dominio della pittura o della scultura, e potendo assumere dell’architettura il carattere di monumentalità o potendo ridimensionarne lo spazio, sono il riflesso di quello spazio interiore totale, privo di contraddizioni, cui tendiamo. E pertanto esistono, in quanto oggetti di istantanea assimilazione, la durata di un atto di comunicazione; prima che il tempo le confini nella loro materiale precarietà».
La mostra è realizzata con il sostegno di Banca del Sempione.