Un dialogo tra due artisti che, a partire dagli anni ’60, hanno privilegiato l’uso della parola come medium espressivo: Vincenzo Agnetti- e Tomaso Binga (Bianca Pucciarelli Menna)
Galleria Erica Ravenna di Roma ospita la mostra VINCENZO AGNETTI – TOMASO BINGA. Una macchina è una macchina
Erica Ravenna Gallery è stata fondata a Roma nel 1992, lavorando fin dall’inizio con i rappresentanti più importanti di arte informale, arte povera, arte concettuale, arte minima italiana ed europea.
Fino al 15 luglio 2024 la galleria presenta una doppia personale dedicata a due artisti a Vincenzo Agnetti (Milano 1926-1981) e Tomaso Binga nome d’arte di Bianca Pucciarelli Menna (Salerno 1931).
La mostra, dal titolo Vincenzo Agnetti- Tomaso Binga. Una macchina è una macchina propone un dialogo tra due artisti che, a partire dagli anni ’60, hanno privilegiato l’uso della parola come medium espressivo di “quel processo di trasformazione per cui il pensiero, le esperienze e la vita divengono ‘operazione artistica’ ”.
Sono molti i punti di contatto tra i due, pur non essendosi mai incontrati: l’uso della poesia, le pratiche performative, la concezione dell’arte come un’operazione di sintesi.
Erano gli anni della sperimentazione, dell’avvento di materiali extra-artistici e di più̀ aggiornate tecnologie, che hanno ispirato e influenzato la ricerca nell’ambito dei nuovi linguaggi dell’arte.
Tra i vari supporti meccanici e tecnologici, la macchina da scrivere ha costituito uno degli strumenti che numerosi artisti, nei decenni ’60 e ‘70, hanno utilizzato per la realizzazione delle loro opere.
Il noto saggio The Art of Typewriting a cura di Ruth e Marvin Sackner, ne traccia una rassegna all’interno della quale figura Tomaso Binga – artista legata alla galleria stabilmente da lungo tempo – con i suoi Dattilocodicirealizzati con un Olivetti lettera32.
Da un errore di battitura di due tasti contemporaneamente, è generato un segno che a sua volta, attraverso la scelta compositiva dell’artista, darà luogo a un criptico codice linguistico e a originali immagini.
Nel saggio non compare Vincenzo Agnetti: che solo nel 1969 espone per la prima volta La macchina drogata: una calcolatrice Olivetti Divisumma 14 nella quale sostituisce ai numeri i segni alfabetici e quelli d’interpunzione.
Il pubblico era invitato a interagire con lo strumento meccanico, producendo un’azione collaborativa e performativa definita da Agnetti come “teatro statico”.
La lettera originale Del teatro statico, riguardante fra l’altro la funzione metalinguistica del linguaggio, la demistificazione delle informazioni e il rapporto con la società dei consumi, è eccezionalmente esposta in mostra.