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TogglePiero Guccione è stato definito il più “leopardiano” fra gli artisti del Novecento per gli echi di solitudine e di infinito che evocano le sue opere
Il Museo regionale F. Messina -S. Incorpora di Catania ospita la mostra PIERO GUCCIONE. “Dolore e meraviglia”

Dal 10 dicembre e fino al 31 marzo 2024 il Museo Regionale Francesco Messina – Salvatore Incorpora di Linguaglossa ospita la mostra “Piero Guccione. Dolore e meraviglia”.
La mostra è parte di un progetto della Soprintendenza dei Beni Culturali e Ambientali di Catania, concepito per promuovere e valorizzare quello che è attualmente l’unico museo regionale dedicato all’Arte Contemporanea della Sicilia orientale.
La mostra è realizzata in collaborazione con l’Archivio Piero Guccione – di cui è presidente la figlia dell’artista, Paola, presenta all’inaugurazione del 9 dicembre– e con il Comune di Linguaglossa.
L’allestimento è stato curato da Lo Magno arte contemporanea, Di Modica e Scicli.
Ventisei sono le opere del maestro di Scicli esposte a Linguaglossa: si tratta di undici oli e tecniche miste e 15 pastelli, realizzati dal 1975 al 2008 e provenienti da collezioni private.
Il titolo è ispirato ad una citazione di Aristotele che il pittore fa sua, come riflessione e denuncia, per ricordare come “il dolore e la meraviglia” siano alla base della Filosofia ma anche della Pittura.
Piero Guccione (Scicli 1935 – 2018) è stato definito il più “leopardiano” fra gli artisti del Novecento per gli echi di solitudine e di infinito che evocano le sue opere – dove l’abisso del mare trascolora nell’immensità del cielo.
A scorrere le opere di questa esposizione di Linguaglossa, tutto sembra in effetti accostare Guccione al poeta di Recanati, alla sua vibrante e commossa percezione della bellezza del Creato ma anche del dolore, quando questa meraviglia è violata dall’Uomo.
Nelle tele di Guccione si vive un’atmosfera della malinconia di un vespro come di una misteriosa alba sulla spiaggia.
Un paesaggio, quello di Guccione, cui non è estranea neanche l’Etna, la “muntagna”. Il maestro lo rievoca in un pastello su carta del 1995 con il suo cocuzzolo innevato e visibile, nel nitore di certe mattine invernali, anche a chilometri di distanza dall’altopiano della campagna iblea.
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