Un artista Russo che condanna la guerra scatenata dal suo paese in Ucraina.
Peter Belyi ROMANTIC APOCALYPSE
Dall’8 maggio la galleria di Giampaolo Abbondio a Todi ospita una mostra personale dell’artista russo Peter Belyj (Leningrado, / San Pietroburgo, 1971).
Attraverso le sue opere Peter Belyi compie un’indagine sull’origine della coscienza culturale.
Per molti anni l’artista ha portato avanti un progetto denominato “modellatura commemorativa”, termine che nell’Unione Sovietica degli anni Venti indicava i modelli di un’architettura utopica proiettata nel futuro.
Nella produzione dell’artista russo, rovesciando i termini e il significato della modellatura storica, tale concetto vuole significare una rilettura della storia che ne diviene una decostruzione.
Nei mausolei, ad esempio, vengono riprese architetture di edifici, come fabbriche e ospedali, tipiche della Russia degli anni Settanta, rappresentate in forma di mausolei appunto, ma realizzate in cartongesso e in avanzato stato di distruzione, come se gli scheletri di tali architetture, mai terminate, fossero stati bombardati.
Essi si trasfigurano per diventare emblema dell’ideologia che, come quelle costruzioni precarie, cade in rovina.
La mostra di Peter Belyj a Todi, ROMANTIC APOCALYPSE, narra di ciò che sfugge al controllo dell’individuo.
Da una parte, avvertimenti e profezie, irrazionalità, timore e tremore di fronte all’ignoto, scolorite foschie idilliche; dall’altra le immagini nefaste di un’apocalisse nucleare.
L’irrealtà di quanto va accadendo, il magnetismo ammaliante del colore, che, come una delle forze fuoriuscite dal vaso di Pandora, agisce in modo pressoché autonomo e irrevocabile.
Molto sentite le parole con cui l’artista si è presentato:
Oggi la situazione politica nel mondo è tale da costringere ogni artista legato in qualche misura alla Russia a provare un senso di vergogna per il proprio governo che ha scatenato una guerra fratricida in Ucraina.
Da parte della galleria è necessario un certo coraggio per continuare a lavorare con artisti russi.
Alcuni di loro hanno rinunciato a esporre le proprie opere fino al termine della guerra.
Io ritengo invece che sia indispensabile parlare di questi avvenimenti in ogni modo possibile, utilizzando il proprio linguaggio, magari non direttamente collegato al succedersi delle notizie, non importa, in ogni caso parlare è assolutamente necessario…..
Credo che l’arte possa contribuire a migliorare il mondo, a rendere l’essere umano più ragionevole e più umano, e perciò spero che tutto ciò di cui parla la mostra non si verifichi mai.