Giuseppe Penone è lo scultore che ritrova negli alberi l’ispirazione del suo lavoro
Marian Goodman Gallery di New York ospita la mostra GIUSEPPE PENONE: Hands- Earth – Light- Colors, fino al 29 giugno
Dal 3 maggio la Galleria Marian Goodman presenta nella sua sede della 57ma strada la mostra GIUSEPPE PENONE: Hands- Earth – Light– Colors, dedicata ad un artista italiano, esponente di spicco del movimento dell’Arte Povera.
Nato in provincia di Cuneo nel 1947 pittore, scultore, fotografo, Giuseppe Penone ha sempre utilizzato, per le sue sculture, materiali che solitamente non erano impiegati per questa tecnica, come legno, piombo, rame e molto altro.
Ponendo al centro della sua ricerca artistica il rapporto dell’uomo con gli elementi artificiali e la natura, Penone è convinto che elementi apparentemente slegati tra loro siano in realtà profondamente interconnessi.
Lo dimostra attraverso alterazioni di materiali artificiali per riportarli al legame con la natura, ed esempio evidenziando le venature di alcune pelli come uguali a quelle delle foglie oppure lasciando ossidare dei metalli.
Ma l’elemento centrale della sua produzione risulta essere l’albero, che propone in diverse applicazioni, frequentemente in forma di installazioni in bronzo di grandi dimensioni che riproducono la forma dell’albero stesso.
Marian Goodman propone una selezione di opere fotografiche chiave, sculture e lavori recenti su tela che abbracciano gli anni 1970-2023.
La mostra si apre con la scultura Cocci (1982), impronta in gesso delle mani a coppa dell’artista che tengono una nave frammentata, conservata attraverso l’intonaco versato.
Ispirato ai gesti e alle azioni di Cocci, due decenni dopo Penone ha intrapreso un processo simile: creare forme più grandi che tracciano l’impronta della mano, sostituendo il legno con acciaio e il gesso con bronzo.
E’ nata l’opera Geometria nelle mani del 2005 e a New York vengono proposte cinque sculture che contengono il ricordo di Cocci con le impronte umane in bronzo contrapposte a geometrie in acciaio.
C’è poi una serie di fotografie dei primi anni Settanta che riprendono parti del corpo e sono accompagnate da stampe ad inchiostro delle rispettive aree della pelle.
Nel complesso queste opere suggeriscono che l’incontro fisico con l’universo è più profondo dell’esperienza attraverso la vista.