CVTà – Street Fest è un festival di Street Art
Cvtà Street Fest
CVTà – Street Fest è un festival di Street Art. inventato e diretto dalla street artist Alice Pasquini, giunto alla sua settima edizione, che si tiene in provincia di Campobasso a Civitacampomarano, piccolo borgo adagiato a 520 metri sul livello del mare lungo un imponente sperone tufaceo.
Civitacampomarano nel dialetto molisano dei suoi abitanti si chiama Cvtà e, nell’ideale abbraccio che unisce passato e futuro, origini e riscoperte, è stata scelta proprio questa espressione per intitolare il festival.
Con l’auspicio che rendere l’arte viva e colorare con essa i muri e gli spazi condivisi possa essere una strategia vincente per contrastare l’abbandono e il degrado di un’Italia troppo spesso dimenticata e svilita.
Dal 2016, ogni anno Cvtà Street Fest coinvolge l’intero paese e gli abitanti del borgo adottano l’artista e i suoi lavori diventano motivo di orgoglio e punto di partenza per una riscoperta e una valorizzazione del centro antico.
In questi anni, grazie alla manifestazione, il piccolo borgo molisano è diventato un museo a cielo aperto libero e gratuito.
L’edizione 2022 coinvolge sette artisti internazionali chiamati ad esprimersi sui muri liberi del borgo nell’ottica del rispetto dello “spirito dei luoghi” e della loro identità e con il coinvolgimento della comunità.
Il festival propone inoltre un ricco programma di eventi musicali e proiezioni nel Castello Angioino.
Gli artisti sono Cinta Vidal, Daku, Icy and Sot, Akut, Ememem e Keya Tama.
Cinta Vidal, artista spagnola conosciuta in tutto il mondo per le sue illustrazioni e murales, in cui inserisce visioni molteplici e ribaltate che, moltiplicando i punti di vista;
i fratelli iraniani Icy e Sot, di base a New York, con le loro opere provocatorie realizzate con fil di ferro portano a riflettere su temi attuali come immigrazione e frontiere, su quanto avviene in Italia e nel mondo, e inevitabilmente a ricordare l’esodo di tanti molisani, oggi come in passato, costretti dalla ricerca di lavoro a lasciare i propri luoghi d’origine;
l’indiano Daku, realizza opere testuali tramite reticolati in ferro in cui inserisce il testo, leggibile solo grazie all’intervento del sole che genera l’ombra proiettata delle parole, opere che sono un invito a riflettere sulla mutevolezza e brevità del tempo;
il francese Ememem realizza coloratissimi tappeti musivi che si sovrappongono come layer al tessuto urbano, e vanno a colmare e restaurare lacune formate dalle spaccature di una strada o di un marciapiede, rigenerando la città;
Akut, dalla Germania irrompe con il suo fotorealismo underground;
Keya Tama, sudafricano di base a Los Angeles, definisce il suo lavoro neominimalismo perché attraverso contrasti formali riesce a unire vecchio e nuovo con un’iconografia personale.