Uno straordinario dialogo tra il Padre Alexander Brodsky architetto settantenne e il figlio Sasha Brodsky artista visivo trentenne invita a riflettere sulla solitudine dell’individuo nel contesto urbano
Fondazione Galleria Milano ospita la mostra ALEXANDER e SASHA BRODSKY. Piazza senza nome, fino al 8 giugno
Un nuovo spazio culturale sorge a Milano tra la Fondazione Prada e Corvetto.
Dalla storia della Galleria Milano, a due anni dalla sua chiusura, viene istituita la Fondazione Galleria Milano per valorizzare il patrimonio della galleria e continuare a promuovere ricerche contemporanee.
Nato a Mosca nel 1955 Alexander Brodsky è un architetto-artista russo appartenente alla cosiddetta scuola moscovita dell’Architettura di carta.
Il suo lavoro è spesso definito come un’”architettura dell’immaginazione”, che unisce un approccio storicista alla fantasia e alla realtà propria della pianificazione urbana sovietica e post-sovietica.
Sue opere sono presenti nelle collezioni di istituzioni prestigiose come il Russian Museum di Mosca, La Tate Modern di Londra e il MoMA di New York.
Sasha Brodsky, figlio di Alexander nato a Mosca nel 1995, è un artista visivo, stampatore e musicista che vive e lavora a New York sin dai suoi studi alla School of Visual Arts (2014-2018).
Brooklyn, in particolare, è al centro del suo immaginario: i suoi personaggi sono spesso solitari, complessi, inseparabili dall’architettura che circonda e plasma le loro vite.
La Fondazione, che ha ristrutturato lo spazio della Galleria Milano, intende ereditare e mantenere il prestigio di quella Galleria che fu la prima a esporre in Italia la Pop Art inglese, l’Azionismo viennese, il Gruppo Gutai giapponese.
Per questo ha scelto, per inaugurare questa nuova apertura, una mostra speciale che è nata dal dialogo tra padre architetto e artista e figlio artista visivo.
La mostra Alexander e Sasha Brodsky. Piazza senza nome” inaugurata il 18 marzo 2024 presenta una grande installazione in terra cruda, a cui non è possibile accedere se non da delle finestre progettate sulle pareti dell’installazione stessa.
Al centro di questa piazza deserta tre obelischi, uno in fila all’altro: l’opera, accompagnata da disegni e incisioni, riflette sulla solitudine dell’individuo nel contesto urbano, solo all’apparenza collettivo.
L’idea è quella di restituire un’architettura a matrioska, che va confondendosi in un vertiginoso gioco di prospettive, in cui lo spazio della città immaginata si trova all’interno dello spazio dell’installazione, che a sua volta è all’interno di quello della fondazione.