Attraverso 21 artiste e artisti dell’Asia meridionale, La mostra Haze invita a riflettere sulle tematiche ecologiche, politiche e culturali del mondo
HAZE. Contemporary Art from South Asia
MILANO – Fondazione ELPIS Via Orti 25
Dal 29/10/2022 al 05/03/2023
Fondazione ELPIS nasce nel 2020 per iniziativa dell’imprenditrice e appassionata d’arte Marina Nissim con l’obiettivo di creare nuovi spazi, opportunità di dialogo e di espressione per artiste e artisti italiani e internazionali, con una particolare attenzione alle ultime generazioni.
Questo progetto si iscrive nella serie di spazi d’arte privati aperti dalle grandi famiglie milanesi, dai Trussardi a Prada fino alla recentissima Fondazione Rovati.
Nella nuova sede, una ex lavanderia industriale dell’Ottocento, la Fondazione propone dal 29 ottobre la mostra HAZE. Contemporary Art from South Asia, a cura del collettivo HH Art Spaces e Mario D’Souza.
La mostra racconta il lavoro di 21 artisti tra cui Bani Abidi (1971, Sri Lanka), Diptej Vernekar (1991, India), Pranay Dutta (1993, India), che indagano e si interrogano sul ruolo delle arti visive nella narrazione della crisi globale che stiamo vivendo.
Le artiste e gli artisti utilizzano diversi medium, dalla pittura, la performance, fino alle installazioni site-specific, per raccontare e riflettere sulle tematiche ecologiche, politiche e culturali del mondo.
Attraverso il loro lavoro, HAZE, ovvero foschia, esplora le nuove prospettive artistiche dell’Asia meridionale.
La foschia nella sua forma e densità, presenta sia una realtà con cui dobbiamo fare i conti, sia un promemoria del nostro passato collettivo e del futuro possibile.
La foschia può essere nebbia, smog, fumo, tossicità e magia: inghiotte la distanza per ricordarci la fragilità del presente.
Seguendo storie e leggende, riunendo spiriti ed energie in un tempo segnato da estremismi e massimalismi la mostra vuol essere espressione di una regione intesa come territorio d’indagine fino ad arrivare al concetto di spazio e di confine.
La foschia non impedisce di guardare al futuro, anzi offre un’acuta consapevolezza del presente che, come l’atto di vivere in sé, è diventato una forma di resistenza.