La Francia approva il divieto di burqa in pubblico

Mentre noi cincischiamo e temporeggiamo, loro agiscono. Mentre noi ci facciamo irretire dalle sirene buoniste, dalle lacrime facili, dai finto-integrazionisti e dai vecchiardi filosofi, loro iniziano a mettere ordine nella caoticità e nella babele delle culture importate, e ribadiscono che le regole del gioco sono quelle occidentali e non quelle di qualche usanza tribale orientale. Ecco dunque che la Francia approva la sua legge anti-burqa. Dalla primavera 2011, in pubblico e nei luoghi pubblici o aperti al pubblico, non sarà più possibile indossare il velo integrale islamico. Le donne della religione musulmana dovranno rassegnarsi: o stare a casa, oppure mostrare almeno il proprio viso, posto che il resto può essere tranquillamente coperto. Una scelta di civiltà, quella francese. Una scelta che ribadisce un fondamentale concetto: gli uomini sono tutti uguali e le donne sono uguali agli uomini. Tutti, quando camminano per strada ed entrano in un negozio o in un museo, devono poter essere riconoscibili e non possono e devono nascondersi dietro un pezzo di stoffa. E questo per due motivi.

 

L’ho già scritto, ma qui lo ribadisco. Per un motivo di carattere costituzionale: non vi può essere discriminazione fra uomo e donna, e non vi può essere un indumento che per il suo significato suggerisce questa discriminazione. E per un motivo di ordine pubblico: le autorità e anche i cittadini devono sempre sapere chi circola per strada o chi hanno a fianco alla posta o al museo. Non si vede perché vi devono essere delle deroghe.
Ovviamente anche in Francia il buonisti stucchevoli, i finti-integrazionisti, e quelli che si indignano sempre se tocchi l’islam, ma che sono pronti a lapidare il primo abito talare che mette piede in una Università statale, hanno fatto sentire la loro grossa voce. Sono stati fatti ricorsi, e già il Consiglio di Stato francese si è pronunciato contro. Poi anche la comunità musulmana ha detto di no (prevedibile) perché – a modo di vedere dei suoi membri – la misura rischierebbe di creare disagio e astio nei confronti dei musulmani, e poi perché su cinque milioni di islamici francesi solo un centinaio di migliaia osservano l’utilizzo del burqa o del niqab. Infine, pure la Corte Costituzionale francese è stata chiamata in causa, e dovrà pronunciarsi fra qualche tempo. L’esito non è peraltro scontato.
Be’, per quanto ci riguarda, pochi o molti che siano coloro i quali osservano (o impongono a mogli e fidanzate) l’utilizzo di questo indumento coprente, sono sempre tanti, soprattutto in un contesto sociale – il nostro (inteso come quello occidentale) – dove la libertà di religione e di espressione non può essere il grimaldello attraverso il quale opprimere la dignità delle persone e della donna nello specifico. E’ come dire: siccome io sono libero di muovermi sul territorio e di scegliermi la donna che voglio, ho il sacrosanto diritto di stalkeggiare la prima che mi capita a tiro.
Sappiamo tutti che così non è. La mia libertà trova limite in quella altrui. E nel caso del burqa, la libertà di un musulmano di osservare le regole della propria religione trova il limite nel diritto del non musulmano di non sopportare usanze che spesso si pongono in contrasto con le più elementari regole di pari dignità fra uomo e donna e con la sensibilità della maggioranza dei cittadini che non gradisce questo genere di usi e costumi. Non si vede pertanto dove stia lo scandalo dinanzi ai provvedimenti che tendono a circoscriverli.

 

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