Sophie Ko, artista georgiana, usa le ceneri alla ricerca dell’immagine immobile che è dietro al crollo di ogni immaginario metafisico.
SOPHIE KO, IL RESTO DELLA TERRA
La Galleria de’ Foscherari nasce a Bologna nei primi anni Sessanta, con un programma culturale al quale è rimasta sempre fedele.
La sua attività si è svolta in due direzioni strettamente connesse.
Da un lato l’attenzione alla tradizione criticamente consolidata che ha visto la realizzazione di mostre monografiche di Klee, Morandi, Ernst, Grosz.
Dall’altro, l’interesse per la ricerca e la sperimentazione, dove spiccano tra gli altri gli eventi dedicati a Gnoli, Manzoni, Christo, Tancredi, Novelli, Twombly, Fioroni, Angeli, Tacchi, Festa, Pozzati, Schifano e Sartelli.
Nel ’67, Pop art americana, nel ’68, Arte Povera, a cura di Germano Celant e nel ’74, Eros Ghenos Thanatos a cura di A. Boatto, fino all’arte concettuale e l’esperienza degli anni Ottanta.
Su questo livello di qualità è continuata l’attività della galleria in oltre 50 anni di esperienza.
Dall’8 ottobre la galleria propone la mostra Il resto della terra dell’artista georgiana Sophie Ko.
Nata a Tbilisi capitale della Georgia nel 1981 Sophie Ko ha studiato nelle accademie di Tbilisi e Milano.
Per realizzare le sue opere usa le ceneri ottenute da immagini bruciate e i pigmenti puri della pittura.
La mutazione e l’instabilità dei materiali in relazione allo scorrere del tempo sono alcune delle costanti della sua poetica.
Da sempre, Sophie Ko, si mette alla ricerca dei resti di mondi remoti, inattuali, dimenticati.
Il suo gesto artistico rimesta le ceneri tra le ceneri di una civiltà e, proprio per questo, appare come avulso dall’oggi, alla ricerca di quell’immagine immobile che è dietro al crollo di ogni immaginario metafisico.
In questo suo lavoro Sophie Ko guarda al passato, agli affreschi di Beato Angelico nei corridoi del convento di San Marco a Firenze e, in particolare, i quattro pannelli dipinti con una pioggia di pigmenti spruzzati sulla parete e, in apparenza, privi di soggetto.
Ma fa un percorso che, passando da una serie notevole di visionari di ogni epoca, arriva ai pigmenti, le ceneri e le combustioni di Claudio Parmiggiani.
Detto in altri termini, Sophie Ko si definisce e si comprende all’interno della lenta e progressiva dissoluzione dell’immagine dell’Assoluto, della sua impossibilità di rappresentazione, proprio attraverso il processo storico di riduzione del mondo ad immagine.
Tornano nelle sue opere gli elementi primari, il fuoco, la luce, l’oro che brilla di luce propria alla ricerca dell’immagine dell’invisibile.