Il post 1950 riletto anche con figura meno note
Venezia
Dal 23 gennaio al 4 aprile la Collezione Peggy Guggenheim ospita la mostra “Postwar Era: una storia recente”, a cura di Luca Massimo Barbero.
Con l’intento di offrire un’inedita lettura dell’arte europea e americana del secondo dopoguerra (fino al 1979), l’esposizione si concentra sulla produzione artistica di figure meno note al grande pubblico, prima fra tutte quella di Jack Tworkow, cui è dedicata un’intera sala del museo. Ex aspirante scrittore, il newyorchese Tworkow, di origini polacche, fu uno dei fondatori della Scuola di New York insieme a Pollock e Gorky. Amico di De Kooning, di cui diventa negli anni Quaranta vicino di studio, fa proprio uno stile pittorico gestuale ed espressionista, contraddistinto da forti pennellate dai colori vivaci. A Venezia è esposta una selezione di sue opere (5 tele e diversi lavori su carta) incentrate sulla figura della donna e caratterizzate da in trattamento cubista-espressionista delle forme. Il percorso della mostra, che si snoda per undici sale espositive, prende il via registrando gli esordi dell’Espressionismo astratto, con opere di De Kooning, William Baziotes, Robert Motherwell e Richard Pousette-Dart, per poi approdare all’Informale europeo (Afro, Capogrossi, Consagra, Lazzaro, Santomaso, Scialoja e Vedova), con uno sguardo specifico all’opera di Carlo Ciussi e una selezione di sculture di Mirko Basaldella. Oltre a una specifica sezione dedicata al secondo dopoguerra inglese (qui figurano gli scultori Kenneth Armiate, Reg Butler e Leslie Thornton, e i pittori Alan Davie e Graham Sutherland), la mostra offre un tributo alla scultrice statunitense Claire Falkenstein, autrice del cancello in vetro e metallo del museo. Groviglio di linee incastonato di pietre colorate, l’opera rivela una pratica plastica informata dalla nozione di casualità e profondamente influenzata dalla teoria della relatività di Einstein. In occasione della mostra, il cancello verrà restituito al pubblico dopo un intervento di manutenzione realizzato in collaborazione con Save Venice Inc.
Articolo di Federico Florian per Il Giornale dell’Arte – Numero 360, gennaio 2016