I Caprichos/Capricci di Francisco Goya dialogano con i disegni e i dipinti di George Grosz, due tra i più grandi disegnatori di tutti i tempi.
GOYA – GROSZ. Il sonno della ragione
Palazzo Pigorini, edificato nella seconda metà del Settecento, è stato residenza di due personaggi famosi, il poeta Angelo Mazza e l’esploratore Vittorio Bottego.
L’ultima proprietaria Adriana Pigorini Lusignani lo ha lasciato in eredità al Comune di Parma con la condizione che fosse adibito a sede museale, intitolata a Pigorini.
Dal 1996 l’edificio è sede espositiva del comune di Parma e dal 23 settembre ospita la mostra GOYA – GROSZ. Il sonno della ragione che rimane aperta fino al 13 gennaio 2023.
Le loro opere, accomunate dalla satira sociale dirompente, l’impegno politico, il rilievo morale e l’estrema innovazione formale, rivelano la straordinaria abilità di due artisti capaci di svelare profonde verità con pochi tratti d’inchiostro o pennellate di colore, nonché l’estrema attualità della loro poetica.
Francisco Goya y Lucientes (1746 – 1828) e George Grosz (1893 – 1953), sono separati da 150 anni di storia, ma entrambi decidono di indagare la realtà del loro tempo, innovando l’arte.
I Capricci di Goya possono essere considerati un prodromo della modernità, in cui l’artista dà libero sfogo alla rappresentazione della propria condizione e allo stesso tempo dei propri incubi.
Grosz è uno degli epigoni più evidenti del maestro spagnolo, anche per essere stato considerato a lungo, come Goya, un caricaturista.
Ma, la caricatura è l’unico modo per questi artisti di descrivere il “mostruoso verosimile”, un mondo difforme e alla rovescia, rendendo interiore ciò che è esteriore e spostando sopra ciò che è sotto: un capovolgimento carnevalesco della realtà in cui satira e dramma convivono.
Un’esposizione impegnativa che presenta tutte le ottanta incisioni dei Capricci datate 1799.
Goya e Grosz sono artisti profondamente coinvolti nella realtà del loro tempo, con posizioni politiche più o meno esplicite, ma estremamente chiare, cui si accompagnano pratiche estetiche innovatrici.
La mostra vuole proprio sottolineare questo legame, già dichiarato da Grosz nel 1933, anno in cui fu costretto a trasferirsi negli Stati Uniti dove avrà un grande successo di pubblico e di critica.