Francis Offman artista africano di origini ruandesi segue un’unica regola: non acquistare nulla, prendersi cura degli scarti.
FRANCIS OFFMAN
P420 viene fondata a Bologna nel 2010 da Alessandro Pasotti e Fabrizio Padovani.
Sin dall’inizio P420 si occupa di artisti il cui lavoro possa essere collocato nei filoni dell’Arte Concettuale e Minimale, per lo più già attivi negli anni ’60 e ’70, che hanno sviluppato un solido linguaggio personale ma che sono ancora sottostimati e non del tutto conosciuti.
Più recentemente, presentando anche artisti di generazioni più vicine, P420 intende mettere a confronto linguaggi appartenenti a periodi diversi con l’intenzione di farne sempre emergere gli aspetti di attualità.
Dal 9 ottobre 2021 p420 ospita la prima mostra personale in galleria dell’artista africano Francis Offman (1987, Butare, Ruanda).
Trasferitosi in Italia nel 1999, dopo un primo periodo di residenza e studio a Milano si è spostato a Bologna dove oggi vive e lavora dopo aver concluso con buoni risultati l’Accademia di Belle Arti.
Come nota Davide Ferri, “la pratica di Francis Offman pare svolgersi attorno ad un’unica regola: non acquistare nulla, prendersi cura degli scarti”.
E infatti, per la realizzazione delle sue opere – i supporti e le tele, la carta, la pittura stessa – egli fa ricorso a materiale recuperato o trovato.
Offman recupera e conserva la polvere dalla moka dei suoi caffè, chiede agli amici di metterla da parte e portargliela, la setaccia, la asciuga e la impasta con colle per trasformarla in materia pittorica.
Un pacchetto di caffè rappresenta una mappa, poiché ogni contenitore trasporta una miscela: la polvere è dunque per Offman una cartografia trans-coloniale che lega luoghi d’espropriazione e di appiattimento colturale e culturale.
Tra i suoi materiali privilegiati, sempre recuperati e mai veramente acquistati, il cemento e il gesso di Bologna raccontano la storia del suo rapporto con il paesaggio che lo ha accolto così diverso da quello di origine.
Il risultato è un dipinto astratto che, tuttavia, può alludere vagamente ad un paesaggio (per certi gialli, marroni e verdi che evocano la vitalità della terra, o per certi azzurri che si incuneano tra le cose come frammenti e porzioni di cielo e corsi d’acqua).
Ma non c’è nulla – una linea d’orizzonte, il rimando a figure definite – che possa configurarsi come immagine di cose reali.
I lavori di Offman sono astratti, ma sembrano richiamare, pur senza descriverla, l’immagine di un paesaggio esuberante e contrastato, un paesaggio di movimenti continui, di tremolii e sovvertimenti tellurici.