Follow the white rabbit

L’autostima si costruisce sulla base delle interpretazioni che una persona dà di quello che accade intorno, in base all’immagine di noi che gli altri ci rimandano, a come noi stessi ci vediamo, a come ci giudichiamo e al tipo di valore che ognuno di noi si attribuisce. I risultati che otteniamo fanno il resto. Possiamo dire che questa cosa che chiamiamo autostima scaturisce dai risultati delle nostre esperienze confrontati con le nostre aspettative ideali. E sono molto pericolose le aspettative. Soprattutto quando si parla di donne, il percorso da fare non è così facile, un po’ come quello che fa Alice seguendo il Bianconiglio nella sua tana. Perché Alice nel paese delle meraviglie? Alice, correndo dietro al Bianconiglio si infila in un’apertura buia e stretta. La bambina sa che non dovrebbe ma continua a seguire quel buffo coniglio con l’orologio e il panciotto. Alice finisce per scivolare dentro una profonda buca, ma non deve aver paura perché la sua gonna si apre facendo da paracadute e Alice scende piano piano.  Ecco perché Alice, è la “metafora” ideale per un percorso, perchè descrive un processo di formazione e di crescita, attraversa esperienze, nel mondo delle meraviglie, che mettono in crisi e in discussione tutte le sue precedenti esperienze, le fanno incontrare la possibilità che ci sia anche un altro modo di vedere e vivere le cose. Il suo concetto di “normalità” viene messo certamente in crisi.  Il suo viaggio è fortemente caratterizzato da uno spirito di ricerca e ogni personaggio che le si oppone  è la proiezione di una parte di se stessa, che lei vuole conoscere e che interroga nel tentativo di recuperare l’identità perduta.  Il processo di consapevolezza e di ricerca passa attraverso una caduta all’indietro.

Ma per quale motivo Alice segue il Bianconiglio? Perchè mossa unicamente dalla curiosità. La curiosità e  la ricerca,  la porteranno ad aprire tutte le porte, a mangiare o a bere tutto ciò che trova, ad avventurarsi in dialoghi scomodi.  La caduta verso il centro della terra ha connotazioni irreali, ci porta nell’immaginario, nel mondo del “come se” , ma non è un precipitare.  Alice atterra e si ritrova in un salone dove tutte le porte sono chiuse, da una porticina intravede un giardino meraviglioso, “l’eden” dei sogni verso il quale immediatamente si puntano tutti i suoi desideri. Per raggiungere le giuste dimensioni e per adeguarsi alla realtà che la circonda subisce una serie di mutamenti, di ingrandimenti e rimpicciolimenti della propria persona.  La spazialità, il pericolo, sono sempre presenti nella storia di Alice, quasi come a significare il bisogno-dovere di una persona di adeguarsi per raggiungere un obiettivo, una meta, rimanendo sempre fedeli a se stessi. La spazialità ci porta a riflettere e a smontare il concetto di spazio immutabile e quel concetto di sicurezza che si portava dietro, rimanendo sempre convinta delle proprie buone intenzioni.  Il giardino dell’eden che tanto aveva desiderato si trasforma per Alice in una profonda delusione delle sue aspettative, imparando una una lezione non da poco: le aspettative non sono all’altezza della realtà, e quando si parla di altezza, si intende nel significato più ampio del termine, cioè o sono un po’ meno della realtà (pessimismo) o sono più della realtà (ottimismo).  Il racconto si conclude nel momento in cui Alice esce dal sogno, dando così spazio alla rabbia, alla voglia di ripetere tutto, molto comune nelle donne, la filosofia del rivedere in moto perpetuo una situazione, cambiarla, per capire dove si poteva fare meglio, per arrivare al nostro film, all’ideale, già presente nella mente, la naturale tensione femminile di far coincidere idea e realtà.

 

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