Uno straordinario allestimento mette a confronto le tele monocrome di David Simpson con pezzi scultorei di epoca romana di cui Verona è ricca.
CODICI DAVID SIMPSON – MARMI ROMANI
Studio la Città è una galleria d’arte contemporanea inaugurata a Verona nel 1969 da Hélène de Franchis che ne è ancora oggi titolare.
Lucio Fontana, Piero Dorazio, Mario Schifano, Gianni Colombo sono gli artisti delle mostre che caratterizzano i primi anni di attività, affiancati da artisti stranieri legati alla pittura analitica e minimale europea e americana quali: Robyn Denny, Richard Smith, David Leverett, Ullrich Erben, Richard Tuttle, Sol Lewitt, Robert Mangold.
La presenza degli stranieri apre il fronte internazionale e lo Studio la Città propone in quegli anni ciò che in Italia ancora si vedeva poco o per nulla nelle gallerie.
Dal 11 ottobre la galleria presenta Codici. David Simpson- Marmi Romani.
Le tele di David Simpson, artista americano internazionalmente conosciuto per i suoi monocromi, saranno messe a confronto con la possanza di antichi pezzi scultorei di epoca romana.
David Simpson (Pasadena USA 1928) è uno dei più importanti artisti viventi del movimento post-pittorico americano della fine degli anni ’50 e sue opere sono presenti nelle collezioni dei più importanti musei americani oltre alla collezione di Villa Panza a Varese.
A Verona, grazie al gentile prestito dei collezionisti Cristina e Pino Bianco, la galleria propone un allestimento spiazzante, per il visitatore abituato ad entrare nelle “cattedrali” del contemporaneo di Studio la Città.
Una figura femminile, un capitello ostiense, un’amazzonomachia e tre architravi, tutti databili tra il I e il II secolo d.C., coabiteranno in galleria assieme alle pitture interferenziali di Simpson.
L’idea è quella di indagare trasversalmente sul concetto di Bellezza, attraverso il dialogo fecondo che può nascere tra antico e contemporaneo.
I pezzi in mostra, quasi agli antipodi nella loro diversità̀, sono accomunati dal “codice” esecutivo con il quale sono stati realizzati, da qui il titolo della mostra curata da Marco Meneguzzo.
La mostra porta il visitatore a considerare le affinità tra Simpson e gli scalpellini romani nonostante due millenni di distanza.
Come il gesto ripetuto degli ignoti, antichi, lapidari romani, rappresentava il codice in grado di creare segni e simboli universalmente riconosciuti, così anche i codici della pittura, ed in particolare quelli utilizzati da Simpson – ne rivelano le sue infinite possibilità.