Cesare Tacchi si dedicò a seguire due dimensioni del pensiero, quella del bosco misteriosa e simbolica e quella del giardino razionale e progettabile.
Cesare Tacchi Una casa di foglie e fogli
Il 19 febbraio 2022 si apre al pubblico la mostra Cesare Tacchi. Una Casa di foglie e fogli, curata da Daniela Bigi per la Galleria di Sara Zanin z2o.
Cesare Tacchi (Roma 1940-2014) è stato tra gli artisti presenti all’iconica mostra Arte Povera e Im- Spazio curata da Germano Celant presso la galleria La Bertesca di Genova nel 1967, che ha lanciato il Movimento dell’Arte Povera, il più importante movimento artistico italiano del secondo dopoguerra.
Tra le sue azioni artistiche più famose si ricordano le cancellazioni d’artista presentato per la prima volta alla galleria La Tortuga di Roma nel 1968.
Tacchi aveva scelto l’azione come forma di espressione: dietro un vetro trasparente, gradualmente “cancella” la sua figura stendendo un velo di pittura sul diaframma che lo separa dal pubblico.
Nel 1972 egli compie il processo inverso alla Cancellazione d’artista e, pulendo un vetro, lascia lentamente riapparire la sua figura.
Dai primi anni Ottanta Tacchi intraprende un percorso tutto dedicato ai valori della superficie e la sperimentazione lo porta ad un nutrito campionario di motivi originali: la parola, l’omofonia tra fogli e foglie, i segni matematico-geometrici, figure stilizzate.
La mostra Cesare Tacchi. Una casa di foglie e fogli propone un’immersione nel mondo pittorico dell’artista romano seguendo proprio le dimensioni del pensiero che egli mise a fuoco a partire da quegli anni e sulle quali lavorò per molto tempo, il bosco e il giardino, misterioso e simbolico il primo, razionale e progettabile il secondo.
Due metafore care alla storia dell’arte e alla filosofia, certo, ma che Tacchi elaborò in termini del tutto autonomi mentre indagava sul come voler essere artista e sul come voler intendere il linguaggio, questioni che rivestirono una specifica importanza all’interno della sua poetica.
Appaiono allora le Parole che, nella loro essenzialità, si facevano ora oggetto ora immagine, e che tempo dopo trovarono un nido tra le foglie ordinate e ripetute del giardino, un terreno di solitudine elettiva ove poter individuare e condividere la radice stessa dei nessi esistenziali.
Quelle griglie ricorrenti di foglie, ora più disegnate e arabescate, ora più geometriche e stilizzate, diventavano nel frattempo griglie di fogli, e con consapevolezza cristallina raccontavano dell’importanza dell’astrarre e del nascondere per meglio rivelare.