Alberto Burri, l’artista che ha posto la materia al centro della sua poetica artistica.
BURRI LA POESIA DELLA MATERIA
Per capire il senso della mostra che la Fondazione Ferrero dedica ad uno degli artisti più rappresentativi dell’arte italiana del Novecento sarebbe sufficiente riportare quanto disse di lui Giuseppe Ungaretti, una delle voci oracolari più grandi del XX secolo:
«Amo Burri perché non è solo il pittore maggiore d’oggi ma è anche la principale causa d’invidia per me: è d’oggi il primo poeta».
Artista speciale Alberto Burri (città di Castello 1915 – Nizza 1995) era laureato in medicina e ha cominciato a dipingere mentre era prigioniero, durante la Seconda guerra mondiale, negli Stati Uniti, come allora cominciò a scrivere il compagno di prigionia Giuseppe Berto autore di uno dei capolavori della letteratura italiana del Novecento, Il male oscuro.
Al rientro in Italia si è dedicato completamente alla pittura, concentrandosi in ricerche astratte con l’impiego di particolari materiali.
Sabbie, catrami, pomice, smalti divengono mezzi di un rinnovamento del linguaggio pittorico e un originale contributo alla poetica informale.
I suoi periodi sono stati caratterizzati dal ruolo dei materiali e, infatti, è passato nel tempo dalla serie dei Neri, dei Gobbi (la superficie del dipinto è deformata da rigonfie protuberanze inserendo da dietro il telaio rami nodosi), alle Muffe, ai Sacchi (i primi risalgono al 1950), poi le Combustioni (1957), i Ferri (1958), i Legni (1959) e ancora, le Plastiche degli anni Sessanta
Tipiche degli anni Settanta sono le serie dei Cretti, dalle vaste superfici screpolate, e dei Cellotex, dove la ricerca di Burri sembra indirizzarsi sempre più verso una pittura pura in un ordinamento della composizione ora segnata dalla severità di una “divina proporzione” ora più allusiva nelle forme e nei colori.
In occasione del terremoto del Belice ha ideato il grande Cretto di cemento bianco (iniziato nel 1985) che ricopre le macerie di Gibellina.
La mostra, curata da Bruno Corà, Presidente della Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, propone un’ampia rassegna di opere scelte tra il suo repertorio maggiore, a partire dal 1945 e con i primi “Catrami” (1948) e poi fino alle ultime opere “Oro e Nero” datate 1993, prossime alla sua scomparsa avvenuta nel 1995.
La selezione di opere mira a mettere in risalto come l’entità poetica non sia appannaggio esclusivo della scrittura in versi, bensì di ogni altro linguaggio dell’arte – dalla pittura alla musica – capace di portare alla luce l’essenza profonda della realtà