Il Montenegro si presenta alla 59^ Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia con una mostra collettiva ampia che evoca un racconto di fantascienza di possibili futuri, che si intreccia attraverso le visioni intergenerazionali e multi-temporali di artisti provenienti da vari contesti sociali e storici e si stabiliscono nell’attuale Montenegro.
The Art of Holding Hands as we break through the sedimentary cloud/ L’arte di tenersi per mano / mentre sfondiamo la nuvola sedimentaria, evoca un pezzo di terra dove i paesaggi feriti sono mozzafiato, il Montenegro) che soffre da tre decenni di un cuore spezzato, il futuro è già arrivato.
Gli artisti chiamati a rappresentare il loro Paese partono dai ricordi per esplorare le sue rovine e gli archivi, per riflettere su un capitalismo globale, ove il corpo della società, della nazione, della natura si disintegra e cambia sotto costante turbolenza, influenze e shock.
Essi guardano ad un corpo individuale e collettivo che perde la sua solida membrana e, come una nuvola sparsa di ideologie, eventi, immagini, paure e sogni, fluttua nel tempo e nello spazio.
Il Padiglione presenta le opere degli artisti Dante Buu, Lidija Delić, Ivan Šuković, Darko Vučković e Jelena Tomašević, insieme ad alcuni lavori della collezione d’arte del Movimento dei Paesi non allineati, ovvero le opere di Zuzana Chalupová, di René Portocarrero, di un autore anonimo iracheno e un documentario sul lavoro di Bernard Matemera.
Incarnando le loro visioni attraverso vari media, dalla pittura e installazione all’adozione di approcci rituali all’artigianato, fino alla poesia e agli archivi, gli artisti ci mostrano l’immaginazione, il potenziale curativo dell’arte.
Questi artisti assorbono esperienze e immagini del mondo e dell’ambiente, in cui creano e costruiscono realtà alternative e cosmologie personali, ma riconoscono anche i possibili esiti dell’ansia prodotta dal grigio presente.
Questa nuvola sedimentaria con i suoi paesaggi fluttuanti, documenti, futuri, amori, storie e persino persone è staccata dai tessuti di un corpo collettivo che si disintegra continuamente; può essere visto come caos e oscurità senza speranza, una fonte costante di ansia e pessimismo.