Viaggio immaginario nella storia dell’arte

È bello sognare, è bello immaginare. L’arte mi aiuta a scoprire la vita

Viaggio immaginario nella storia dell’arte

 

Umberto Boccioni, La città che sale (1910)
Umberto Boccioni, La città che sale (1910)

 

Respiro a pieni polmoni questo silenzio.

C’è una pace incredibile nel buio assoluto.

Gli occhi sono aperti; un nero immobile mi circonda.

Penso che se chiudo gli occhi potrò vivere meglio questa sensazione di essere una particella infinitesimale al centro di un buco nero dell’universo.

Chiudo e stringo forte gli occhi.

Un mondo in movimento mi si para davanti: immagini incredibili scorrono nella mente, movimenti caleidoscopici, una girandola di forme che si trasforma in un moto continuo mi fa quasi perdere l’equilibrio.

Rivoglio la pace immobile, riapro gli occhi.

Buio totale, di nuovo nero assoluto intorno.

Mi sembra di essere sospeso al centro di una sfera di vuoto.

Improvvisi due squarci di luce rompono il buio.

Li seguo con gli occhi immaginandomi la forma di un arco, anzi due, perché sono due i fasci di luce che hanno ferito il mio “buio”.

Non formano un arco, ma linee spezzate.

Riprendo a seguirle dall’inizio.

Sotto due triangoli isosceli con la punta ai miei piedi e la base lungo il pavimento, molto piccola e lontana.

Da qui salgono due sottili luci rettangolari, alte non più di due metri.

Poi due fasci al soffitto, speculari di quelli del pavimento, partono dal lato alto delle luci rettangolari e si incontrano in una punta sopra il mio capo.

Non sono al centro di una sfera ma sull’angolo di una stanza dal soffitto piuttosto basso.

Quella luce improvvisa mi ha scosso, non so più dove sono.

Mi sento ancora la mente intorbidita dalle sensazioni del silenzio e del buio, forse sto ancora sognando?

Decido di seguire quei due fasci, di luce.

Mettere a fuoco quella parte di mondo che la luce ha fatto emergere dal buio.

Fisso l’inizio della luce ai miei piedi, mi concentro sulla prima parte illuminata.

Sia a destra che a sinistra fanno mostra di sé due barattoli.

Osservo meglio, a sinistra leggo Campbell’s condensed a destra Artist’s shit.

Sono due opere d’arte contemporanea, l’iconica immagine del barattolo di pomodoro del maestro della Pop Art americana Andy Warhol e la provocatoria opera “Merda d’artista” di Pietro Manzoni giovane artista concettuale italiano.

“Che strane immagini” penso.

Vado avanti con lo sguardo. A sinistra, un orinatoio capovolto, ceramica bianca con una scritta nera “MUTT 1917”, si tratta di un’opera rivoluzionaria nella storia dell’arte, “Fontana” del padre del movimento artistico Dada Marcel Duchamp.

A destra un restiamo in tema, vedo un water.

È il Water d’oro” di Maurizio Cattelan, forse il più quotato artista italiano vivente a livello internazionale.

Questi due fasci di luce mi fanno strabiliare: vogliono forse presentarmi una storia dell’arte in pillole?

Da quanto vedo all’inizio, anche se ardito, pare di sì.

Continuo con lo sguardo e vedo due bei cavalli con le criniere al vento che saltano sulla spiaggia.

Sotto la zampa del cavallo a destra leggo g.de Chirico; sono i Cavalli dal mare del fondatore del movimento dell’arte Metafisica.

Cavalli stilizzati in movimento, con sullo sfondo un grande edificio in cantiere, appaiono sulla destra: è una delle edizioni di La città che sale di uno degli esponenti più famosi, anche se morto giovanissimo, del Futurismo Umberto Boccioni.

Cresce anche la mia curiosità e vado avanti, con immagini che si fanno sempre più grandi.

Due persone in piedi nella campagna che pregano, un quadro che ho visto al Museo d’Orsay a Parigi.

È L’Angelus di Jean-François Millet che è stato nell’Ottocento uno dei maggiori esponenti del Realismo Francese. È un quadro che mi ricorda gli anni dell’infanzia perché una copia, una stampa incorniciata, appesa nel corridoio della vecchia casa mi aveva sempre attratto per l’atmosfera che emanava.

Sul fascio illuminato dalla luce a destra un uomo di spalle guarda lontane montagne immerse nella nebbia.

É Viandante sul mare di nebbia, dipinto più famoso di Caspar David Friedrich considerato il manifesto della pittura romantica tedesca.

Ora a sinistra la fascia triangolare si chiude con un’esplosione di luce, una grande vela a sinistra e a destra un tramonto infuocato; questo dipinto l’ho visto in mostra alla National Gallery di Londra, Ulisse schernisce Polifemo di William Turner uno dei più grandi pittori britannici del primo Ottocento, chiamato il “pittore della luce”

A destra in parallelo con Turner vedo un quadro particolare e famoso Guernica di Pablo Picasso, l’iniziatore con Braque del movimento artistico più famoso del Novecento, il Cubismo.

Ora lo sguardo va alle due fasce parallele rettangolari che si stagliano davanti a me sul fondo della parete.

A sinistra un’unica esile immagine occupa tutto lo spazio in altezza è l’esile e filiforme figura di una delle Donne di Venezia di Alberto Giacometti, forse il più famoso artista svizzero.

L’intera fascia di destra è occupata invece da una composizione particolare, un Kokemono.

Una scrittura che sale con leggerezza, quasi a rappresentare il bisogno di parole e di dialogo della società contemporanea.

La colonna del pensiero opera firmata Riccarda Bianco, artista non nota ma di sicura qualità e raffinatezza compositiva.

Ricordo di aver visto quest’opera nel sito www.trehyus.com, azienda di vendita online di una giovane coppia, che merita una visita.

Il mio Viaggio nella storia dell’arte continua osservando i due fasci di luce superiori.

Si assottigliano mentre si avvicinano al mio occhio.

Vedo una statua di venere, raffinata immagine femminile della dea dell’amore, ma è attorniata da una montagna di pezzi di stoffa di vari colori: è la Venere degli stracci, una delle più note installazioni del maestro protagonista dell’Arte povera Michelangelo Pistoletto. Nella striscia a fianco compare una sensuale scultura di un bacio appassionato, Il bacio del grande scultore francese Auguste Rodin.

Vedo ora un’onda innalzarsi.

Pare volermi sommergere.

È la Grande onda, opera di quell’artista giapponese vissuto a cavallo tra Sette e Ottocento famoso per aver influenzato molti dei pittori impressionisti e postimpressionisti, tra cui Van Gogh di cui mi appaiono sul fascio accanto le nubi ondulate della famosa Notte stellata.

Ora le immagini si fanno sempre più piccole, le ho quasi sopra il mio capo e intravvedo sulle punte degli spicchi due miniature. Sono capolettera di antichi codici miniati medievali. Due lettere: a sinistra alfa e a destra omega, l’inizio e la fine dell’alfabeto greco.

Buio improvviso.

Forse ho sognato, ma è stato piacevole immergermi per qualche attimo nel magico mondo della storia dell’arte.

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