La “Sezione Aurea” di Paolo De Stefani alla galleria Manifiesto Blanco di Milano
Scopri la Sezione Aurea di Paolo De Stefani alla Manifiesto Blanco di Milano, dal 24 maggio al 22 giugno 2024. Ingresso libero al vernissage
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- In mostra 24 maggio al 22 giugno 2024
- da martedì a sabato h. 16 – 19
- VERNISSAGE giovedì 23 maggio h. 18:30
- Ingresso libero
Dettagli della mostra
La mostra “SEZIONE AUREA – Luogo ancestrale. Forma architettonica. Spazio vuoto”, curata da Elisabetta Sem, è aperta dal 24 maggio al 22 giugno 2024. L’esposizione si tiene alla galleria Manifiesto Blanco, situata in via Benedetto Marcello 46, Milano, con orari da martedì a sabato dalle 16:00 alle 19:00. Il vernissage si svolge il 23 maggio alle 18:30, con ingresso libero.
Esplorazione della SEZIONE AUREA
Le opere di Paolo De Stefani esplorano il concetto della sezione aurea, un principio matematico spesso associato alla bellezza ideale. L’ispirazione nasce dalle forme e colori della Val Codera, che l’artista ha vissuto personalmente, trasformando queste esperienze in una serie di lavori che includono carte, tele e una scultura in metallo. L’opera si articola in sei nuclei, ognuno dei quali rappresenta una diversa elaborazione delle proporzioni auree, dal singolo segnale aureo fino alla complessa stilizzazione di strutture cristalline.
Contributi e collaborazioni
Paolo De Stefani, nato nel 1969 a Chiavenna, ha frequentato corsi di pittura negli anni Novanta e ha evoluto il suo stile da una firma essenzialmente figurativa a una ricerca astratta nel corso dei decenni. Collabora stabilmente con la galleria “Franca Pezzoli arte contemporanea” di Clusone e ha esposto in numerose mostre personali e collettive.
Impatto culturale e artistico
Le opere di De Stefani rappresentano non solo una ricerca estetica ma anche un profondo dialogo con l’ambiente naturale e la sua percezione artistica del mondo. Questa mostra offre un’opportunità unica di vedere come l’arte contemporanea possa dialogare con antiche teorie matematiche e estetiche, rinnovandole e contestualizzandole in una moderna narrazione visiva.
Per ulteriori informazioni:
Visitare il sito ufficiale della galleria: www.manifiestoblanco.com
TESTO CRITICO
Il tempo delle pietre – di Marcello Abbiati
Entro un paesaggio aspro e nudo (meteorico) si erge una possente scalinata, attorcigliata lungo fiancate rocciose, apparentemente inaccessibili. Alle spalle di chi sale, un trascolorare verdeazzurro – assolutamente abbacinante nelle giornate di sole – rivela la conca lacustre di Mezzola e, più ad occidente, del Lario, con la piramide del monte Legnone che incombe sugli specchi d’acqua come una sfinge alpina.
Raggiunta una certa quota, un valloncello ombroso di olmi, betulle e castagni, vegliato da agresti cappellette votive, conduce alla soglia sospesa di Codera. L’abitato, tutto fatto di terrazzamenti granitici, scalee e aerei ballatoi, pare appartenere più al mezzogiorno che alle Alpi. Per quanto tenacemente esorcizzato, il richiamo dell’abisso incombe su questa spaccatura nuda e impressionante che è la Val Codera, in un ambiente che diviene disperatamente anacoretico e trasecolante man mano che si segue la striscia bianca e polverosa del sentiero che si addentra nel cuore della vallata verso i prativi di Bresciàdega.
I ginestroni imbiancati dalla polvere, le rocce nere e grigie che punteggiano i pascoli, le perfide diagonali dei versati granitici, il sibilare della vipera annidata nella pietraia. Tutto ciò ritrovo nei lavori di Paolo De Stefani: una dimensione ambientale ed esistenziale mai descritta, ma sempre percepita, compresa e assimilata. Con ostinato rigore, Paolo racconta la disperata geometria che proviene dall’ineluttabilità dei fatti idrogeologici, dove lo spazio antropico è ancora costretto – per sussistere, e per nostra fortuna – a lottare per allentare un poco la trama delle leggi di natura.
Della Val Codera, nelle opere di Paolo ritrovo anche quella stessa pura luce, che tutto vela in toni di pulviscolo; il che mi porta ad augurarmi che i suoi lavori riescano a trovare, senza eccessiva approssimazione, un’adeguata collocazione nel white cube metropolitano di Manifiesto Blanco. Come accade, mi viene in mente, nella Leggenda della Vera Croce di Piero ad Arezzo, le cui auree e perentorie scatole prospettiche campite di colori puri – contenenti “null’altro” che cilindri, coni, diagonali, parallelepipedi – spalancano inaudite prospettive nelle mura, altrimenti scialbate, del tempio francescano. Nel tentativo di portare un poco di Codera, per usare le parole di Pietro Bellasi, “in altre vallate lunghe e strette, nelle piazze e nelle radure metropolitane, laddove si era perduto, forse per sempre, l’appuntamento con il tempo delle pietre”. E riuscendo, sottotraccia, comunque ad udire il rombo incessante e minaccioso del torrente.