Arriva a Verona una copia originale del quotidiano francese Le Figaro del 20 febbraio 1909 che pubblicando il Manifesto del Futurismo ne sancì l’immagine internazionale.
Il primo Manifesto del Futurismo a Palazzo Maffei
Giunge a Palazzo Maffei Casa Museo a Verona l’originale del quotidiano parigino Le Figaro che ha pubblicato il rivoluzionario “Manifesto del Futurismo” di Filippo Tommaso Marinetti.
Il 20 febbraio del 1909 la pubblicazione del Manifesto del Futurismo sulla prima pagina del quotidiano francese Le Figaro sancisce la notorietà internazionale del movimento che agli inizi del Novecento s’impone in Italia pervadendo tutte le arti, quale reazione alla cultura borghese di fine Ottocento e autentico inno alla modernità.
Da quel giorno i principi e gli obbiettivi del Futurismo – prima Avanguardia artistica del XX secolo di matrice italiana, una delle forme d’arte più importanti del cosiddetto secolo breve – vengono annunciati al mondo.
Dal 19 febbraio 2022 la sala dedicata al Futurismo di Palazzo Maffei Casa Museo si arricchisce dello storico giornale che 113 anni fa sancì la nascita di una delle più travolgenti avanguardie artistiche del primo novecento.
L’evento vuole sancire anche il particolare legame che già allora vedeva Verona presente.
Infatti, anche la città di Verona ebbe un ruolo di primo piano nella divulgazione dei principi futuristi perché l’Arena, quotidiano scaligero, fu uno dei giornali della penisola a pubblicare il Manifesto di Marinetti in anticipo di almeno una decina di giorni rispetto a Le Figaro.
I Giornali erano: Il Pungolo di Napoli (6 febbraio), la Gazzetta di Mantova (8 febbraio), L’Arena di Verona (9 febbraio), Il Piccolo di Trieste i(10 febbraio), Il Giorno di Roma (16 febbraio) e la rivista settimanale di Napoli La Tavola rotonda (14 febbraio).
A testimoniare questa anticipazione a Palazzo Maffei entrerà anche il facsimile della prima pagina dell’Arena del 9 febbraio 1909, che pubblicò il manifesto firmato da Filippo Tommaso Marinetti, Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Gino Severini e Giacomo Balla (unico non presente nella storica foto dei primi firmatari).