Museo Novecento di Firenze torna a dedicarsi ad Arturo Martini, indagando il suo lavoro in marmo con un focus su uno dei suoi capolavori Donna che nuota sott’acqua.
Arturo Martini e Carrara. Donna che nuota sott’acqua.
A giugno 2021 il Museo Novecento di Firenze aveva inaugurato la mostra Arturo Martini e Firenze, dedicata alla presenza di Arturo Martini a Firenze ricostruita sia attraverso la sua partecipazione a importanti esposizioni, sia perché è stato immediatamente oggetto di interesse da parte di collezionisti privati, come attesta la presenza di una serie di sue sculture conservate nel capoluogo toscano.
Ora mentre è ancora aperta quella mostra, il Museo Novecento torna su questo scultore veneto (Treviso 1889-Milno 1947) la cui opera, molto vasta, è caratterizzata da una plasticità sicura e immediata, da una estrema felicità d’invenzione, da una completa padronanza di tutti i processi tecnici: marmo, pietra, bronzo, terracotta, ceramica.
Torna con una mostra inaugurata il 10 settembre e che si chiuderà lo stesso giorno dell’altra citata, il 14 novembre 2021.
È la mostra Arturo Martini e Carrara. Donna che nuota sott’acqua che, pur rappresentando una sezione speciale della mostra Arturo Martini e Firenze, ha un valore che la giustifica come evento a sé.
Il rapporto di Martini con Carrara e con il marmo presenta infatti il carattere della scoperta e dell’avventura: lo scultore trevigiano vi approda alla metà del 1937, a seguito del contratto per il grande bassorilievo La Giustizia corporativa, destinato al Palazzo di Giustizia di Milano.
Negli anni a cavallo fra il 1939 e il 1940 Martini matura anche un’insoddisfazione profonda nei confronti della statuaria monumentale che lo induce ad abbandonare temporaneamente la scultura per dedicarsi alla pittura, come testimonia il dipinto Le cave del marmo, esposto in mostra.
Nel 1941 riceve però dall’Università di Padova l’incarico per eseguire un monumento in memoria dello storico latino Tito Livio oggi in bella mostra nell’atrio della sede delle facoltà umanistiche conosciuta come “il Liviano”.
Attorno alle vicende di quel monumento gira la mostra.
Si racconta infatti che da uno scaglione del grande blocco del Tito Livio sia nata Donna che nuota sott’acqua, esito di una lunga gestazione intellettuale.
Solo allora lo scultore trova infatti i mezzi linguistici per dare corpo all’impressione avuta, anni addietro, dalla visione del film Ombre bianche (del 1928, ambientato in Polinesia e interpretato dalla messicano-tahitiana Raquel Torres, bella come una dea primitiva).
Martini decide di completare la scultura decapitandola e, con un colpo netto e spietato, trasforma così «l’opera da “datata” in “eterna”», come osserverà Carlo Nicoli.
La ricerca estrema condotta da Martini negli anni Quaranta trova dunque sintesi nella Donna che nuota sott’acqua, che fluttua sospesa, galleggiante nello spazio, su tre perni metallici ideati dall’architetto Carlo Scarpa per la prima presentazione dell’opera alla Biennale di Venezia del 1942.
