Palazzo Grassi riapre con una mostra che occuperà gli spazi espositivi per tutto il 2022 con una grande personale dell’artista sudafricana Marlene Dumas.
OPEN-END. MARLENE DUMAS
Palazzo Grassi, prestigiosa sede espositiva della Pinault Collection, affacciata sul canal Grande a Venezia, riapre i suoi spazi espositivi dal 27 marzo 2022 con una grande mostra personale dell’artista sudafricana Marlene Dumas nell’ambito del programma di monografiche dedicate a grandi artisti contemporanei.
La mostra intitolata “open-end” è curata da Caroline Bourgeois in collaborazione con Marlene Dumas e presenta oltre 100 opere, tracciando un percorso incentrato sulla sua produzione pittorica, con una selezione di dipinti e disegni che vanno dal 1984 a oggi e opere inedite realizzate negli ultimi anni, provenienti dalla Collezione Pinault, da musei internazionali e collezioni private.
Considerata una delle artiste più influenti nel panorama artistico contemporaneo, Marlene Dumas nasce nel 1953 a Cape Town, Sudafrica dove cresce e studia belle arti durante il brutale regime dell’apartheid.
Nel 1976 si trasferisce in Europa per proseguire gli studi e si stabilisce ad Amsterdam, dove ancora oggi vive e lavora.
Se nei primi anni della sua carriera è conosciuta per i suoi collage e testi, Dumas oggi lavora principalmente con olio su tela e inchiostro su carta.
La maggior parte della sua produzione è costituita da ritratti che rappresentano la sofferenza, l’estasi, la paura, la disperazione, ma che spesso sono anche un commento sull’atto stesso di dipingere.
Infatti, il lavoro di Marlene Dumas si concentra sulla rappresentazione delle figure umane alle prese con i paradossi delle emozioni più intense da cui emergono i temi a lei più cari: l’amore e la morte, le questioni di genere e razziali, l’innocenza e la colpa, la violenza e la tenerezza.
Un aspetto cruciale del lavoro di Dumas è l’uso delle immagini dalle quali trae ispirazione, provenienti da giornali, riviste, fotogrammi cinematografici o polaroid scattate personalmente.
Tutta la sua produzione è basata sulla consapevolezza che il flusso senza fine di immagini da cui siamo investiti quotidianamente interferisca sulla percezione di noi stessi e sulla nostra modalità di leggere il mondo.