Incanti di terre lontane

Oriente: appena di là del nostro mare, l’orizzonte si spalanca. Deserti, carovane, oasi, luce accecante e calda. E poi, ancora oltre, villaggi, mercati, moschee, cortili e terrazze. Addentrandosi ancora più a fondo, con la fantasia laddove l’accesso è vietato, ecco infine il mondo femminile, misterioso e segreto, degli harem, degli hammam, le alcove delle odalische, corpi morbidi e invitanti, la magia della danza.
Oriente reale per i tanti artisti, scrittori o pittori che vi si sono recati, superando le fatiche e i disagi del viaggio, ma anche Oriente solo sognato ricreato in atelier.
Ecco dunque a Palazzo Magnani la pittura d’Oriente – oltre 80 opere tra dipinti e taccuini di viaggio – una “moda” avviata già nel Settecento che esplode nell’Ottocento positivista e romantico, desideroso di allargare i confini del sapere, avido di confronti, di esperienze, di emozioni.

Info
/ngressi – /ntero 9 euro; Ridotto 7 euro; Studenti 4 euro
Orari – dal martedì al venerdì 10.00 -13.00 115.30 – 19.00 Sabato Domenica e Festivi 10.00 – 19.00 – Lunedì chiuso
Servizio di Audioguida a cura di StaArt Roma (5 euro)
Visite Guidate
– per gruppi fino a 25 persone: 60 ,00 euro + ingresso ridotto
– per classi di studenti: 1 ,00 euro + ingresso studenti – visita guidata in lingua: 100 euro + ingresso ridotto
Visite guidate in programma:
ogni sabato e domenica ore 16.00
(3 ,00 euro + ingresso ridotto – necessaria la prenotazione)
Visite riservate ed eventi in mostra:

Per Associazioni, gruppi ed aziende è possibile prenotare visite riservate alla mostra
Per informazioni e prenotazioni: Palazzo Magnani, Corso Garibaldi 29 Biglietteria Tel. 0522 454437 Email. info@palazzomagnani.it
www.palazzomagnani.it
Pacchetti turistici

a cura di Natouralmente Srl – punto Touring Club /taliano (network G40) Via Guido da Castello 9 – 42121 Reggio Emilia RE Tel. 0522/435046 – fax 0522/454634 – e-mail business@natouralmente.it
Programma in giornata 38 Euro
/ngresso e visita guidata alla mostra
Pranzo
Visita guidata del centro storico di Reggio Emilia
Programma nel fine settimana da 128 Euro
/ngresso e visita guidata alla mostra
3 pasti in ristorante
Un pernottamento e prima colazione in hotel 3*
Visita guidata del centro storico di Reggio Emilia
Una giornata guidata alla scoperta della provincia reggiana
(scelta tra 5 itinerari)
Alberghi e ristoranti convenzionati con Palazzo Magnani
HOTEL POSTA
Piazza del Monte, 2
42121 Reggio Emilia
tel 0522 – 432944 – fax 0522 – 452602 – www.hotelposta.re.it – www.albergoreggio.it
HOTEL CR/STALLO
viale Regina Margherita, 30 – Telefono 0522511811 – Fax 0522513073 – info@hotelcristallo.re.it
ALBERGO DELLE NOTAR/E Via Palazzolo, 5
42121 Reggio Emilia – tel. 0522 453500 – notarie@albergonotarie.it – www.albergonotarie.it
B&B del Vescovado V/A VESCOVADO 1
frabergomi@yahoo.com – Telefono: 0522 430157 – Fax: 0522 430143 – Cellulare: 328 7088177
B&B ANNA E R/CCA Corso Garibaldi, 2
info@annaericca.eu – Telefono: 0522 432719 – Fax: 0522 432719 – Cellulare: 339 3283203
B&B “C’era una Volta”
Via Mozart, 45 O 42122 Reggio Emilia (/taly)
Cell +39 339 3898083 Tel. 0522 1751110 – www.ceraunavoltare.it – info@ceraunavoltare.it
CORREGGIO
Albergo dei Medaglioni
Corso Mazzini, 8
42015 Correggio – RE
Tel. +39(0) 522/632233 – Fax. +39(0) 522/693258 www.albergodeimedaglioni.com
CORREGG/O
Hotel President****
Via Don Minzoni, 61 – 42015 Correggio (RE)
tel. 0522-633711 – fax. 0522-633777 – www.hotelpresident.re.it – info@hotelpresident.re.it
SAN BARTOLOMEO
Matilde di Canossa Resort
Via del Casinazzo 1/1
42123 S. Bartolomeo (Reggio Emilia)
Per informazioni: Tel. +39 0522 373744 – info@matildedicanossaresort.com
QUATTRO CASTELLA
Albergo Ristorante “La Maddalena”
tel. 0522/887135- 0522887021 – fax. 0522/888133 – www.albergolamaddalena.it
Itinerari consigliati a Reggio Emilia
MUSEO DEL TRICOLORE
La bandiera nazionale italiana è nata a Reggio Emilia il 7 gennaio 1797. Quel giorno i rappresentanti delle quattro cittò di Reggio Emilia, Modena, Bologna e Ferrara, riuniti in Congresso, proclamarono il tricolore bianco, rosso e verde come vessillo della Repubblica Cispadana, il nuovo stato sorto sotto la protezione delle armi francesi.
La storica seduta si svolse all’interno del Palazzo Comunale nella grande sala che, su progetto di Lodovico Bolognini, era stata edificata negli anni tra il 1772 e il 1787 per ospitarvi l’archivio generale del Ducato. Il salone fu denominato in seguito Sala del Congresso e poi Sala del Tricolore ed è ora sede del Consiglio Comunale e delle più importanti manifestazioni istituzionali della cittò.
Per documentare il contesto storico e politico in cui si colloca la nascita della nostra bandiera, nei locali adiacenti alla storica Sala, è stato allestito il Museo del Tricolore. Il 7 gennaio 2004 il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha inaugurato la prima Sezione del Museo, dedicata al periodo napoleonico. Nella seconda sezione, inaugurata il 7 gennaio 2006 , sono esposti i documenti originali ed i cimeli relativi alle vicende storiche del Risorgimento nazionale, fino al 1897 , l’anno delle grandi celebrazioni reggiane del primo Centenario del Tricolore che ebbero il loro culmine nel celebre discorso di Carducci.
Il percorso espositivo del Museo è stato curato scientificamente da Maurizio Festanti e si articola su due linee parallele: la storia della bandiera nazionale, dalle sue origini alla conquista dell’indipendenza e dell’unitò del Paese, e la storia delle vicende politiche di Reggio Emilia, dalla nascita della Repubblica Reggiana nel 1796 alle testimonianze del contributo offerto dai reggiani alle battaglie per il riscatto nazionale.
Orari di apertura:
Periodo invernale (settembre – giugno):
dal martedì al venerdì 9 ,00-12 ,00
sabato, domenica e festivi 10 ,00-13 ,00 e 16 ,00-19 ,00
lunedì chiuso (apertura a richiesta per le scuole)
Periodo estivo (luglio – agosto):
dal martedì al sabato 9 ,00-12 ,00 e 21 ,00-24 ,00
domenica e festivi 21 ,00-24 ,00
Lunedì chiuso
Per informazioni:
Tel. 0522/456033 – 456477 – 456805
Per prenotazioni visite guidate: Tel. 328/7253816
Per prenotazione obbligatoria per gruppi autonomi superiori alle 15 persone: Tel. 0522/456805 – 456033 – 456477
ANDARE A CANOSSA
Le rovine del castello di Canossa sorgono su un’aspra rupe in arenaria bianca a balcone naturale tra il torrente Crostolo ed il fiume Enza con ampia vista alle valli sottostanti. Lo sfaldamento della rupe ha concorso a diminuire l’estensione della piattaforma su cui poggiava il castello. Il complesso fu costruito nel 940 c. da Atto Adalberto, figlio di Sigifredo da Lucca, di stirpe longobarda. Infatti Donizone nei suoi versi, facendo parlare il maniero così scrive: “Prospiciens nudam silicem me stare Canossam. In proprium castrum me suscepit Comes Atto” (1). La sua edificazione si può, induttivamente, quindi porre verso la metò del X secolo. /l castello divenne il fulcro della potenza di quella famiglia che di qui prese il nome. Racconta ancora la rocca: “Ditescens Atto mea moenia duxit in altum. Per me dives erat, sua per me cuncta tenebat. Ac ideo quae sibi pulchra, loricas, hastas, clipeos, enses mihi mandat”. /l luogo era fondo allodiale dei Canossa e loro discendenti (2). Nella Bolla dell’anno 976 con cui Benedetto V// approvò la fondazione della chiesa di Canossa si dice che Atto Adalberto l’aveva fondata: “in suis propriis rebus, videlicet in rupe quae Canuxia vocatur, ab imis fundamentis construxerat” (3) , e nella nota dei beni che il Marchese Bonifacio aveva in enfiteusi dalla Chiesa di Reggio si nomina una cappella vicina a Canossa: “Capella S. Prosperi prope Canusio cum decimis” ma non vi è menzione di Canossa. Nel 950 Adelaide, vedova di Lotario Re d’/talia , si rifugiò nel castello per sfuggire alla persecuzione di Berengario // , Marchese d’/vrea che, volendola sposare al figlio Adalberto, assediò inutilmente Canossa. Ottone / , Re di Germania, liberò Adelaide e la fece sua sposa; favorì la fortuna di Atto Adalberto creandolo dapprima Conte, poi Marchese. /l luogo rimane famoso per l’umiliazione dovuta da Enrico /V al Pontefice Gregorio V// ed alla Contessa Matilde. Nel 1075 un decreto del Papa, richiamandosi al Concilio del 1059 , vietò le ingerenze delle autorità civili e dell’/mperatore nelle investiture episcopali (4). La risoluzione non venne tuttavia accettata da Enrico /V , Re d’/talia e di Germania e /mperatore del Sacro Romano /mpero. Alla Dieta di Worms del 1076 venne decretata la deposizione del Papa da parte del quale seguì la scomunica e lo scioglimento dell’ubbidienza di quanti avevano prestato giuramento all’/mperatore. L’incontro tra il Papa, ospite di Matilde a Canossa, con Enrico /V ebbe luogo il 28 gennaio 1077. Dopo tre giorni di penitenze l’/mperatore , tramite la mediazione della Contessa, chiese perdono al Pontefice che lo assolse dalla scomunica. Le ostilitò ripresero comunque dopo breve tempo e la lotta per le investiture terminò solo nel 1122 con la pace di Worms concordata da Enrico V e da Papa Callisto. Pur tra varie vicende un ramo della famiglia “di Canossa” tenne il possesso del castello sino al 1449 anno in cui Canossa fu acquistata da Lionello d’Este, marchese di Ferrara; tuttavia già nel 1409 Simone, Guido e Albertino di Canossa avevano ceduto il loro dominio a Nicolò d’Este pur mantenendone la proprietò. /l Tiraboschi sostiene l’opinione che vorrebbe discesa la famiglia che prese il nome “di Canossa” da Rolandino, i cui tre figli Guido, Rolandino e Albertino furono investiti dei feudi di Bianello, di Gesso e di Canossa nel 1185 dall’/mperatore Federico / Barbarossa. /l Castello, difeso da molteplici mura e dai naturali precipizi della rupe, venne distrutto nel 1255 dai Reggiani, durante le lotte tra guelfi e ghibellini. /l Castello fu quindi ricostruito dai Canossa. Nuovamente rovinato dai reggiani nel 1412 fu restaurato dagli Estensi nel 1452. Lodovico Ariosto ne ebbe il comando del presidio negli anni 1502-1503. Le artiglierie di Ottavio Farnese lo smantellarono nel 1557. Fu ridotto a dimora signorile dal Conte Bonifazio Ruggeri di Reggio, che lo ebbe in feudo nel 1570 da Alfonso // , duca di Ferrara. Passò ai conti Rondinelli nel 1593 e nel 1642 ai Valentini di Modena, che lo conservano fino alla soppressione dei feudi nel 1796 (5). Venne loro restituito nel 1819.
Nel 1878 il governo acquistò Canossa dai conti Valentini e lo dichiarò monumento nazionale. Con la costruzione della rocca, Atto Adalberto aveva fondato anche la chiesa di S. Apollonio come risulta dalla Bolla di Benedetto V// in data 29 dicembre 976 (6). Era detta da Donizone: “eccelso tempio” ricco di arredi e reliquie. Alla chiesa ed alla abbazia venne concesso un diploma di libertò, di immunitò e di protezione apostolica, riconfermato da Papa Pasquale // dopo la morte della Contessa Matilde. Era stata pure creata una collegiata di dodici canonici per l’ufficiatura della chiesa ma intorno al 1080 essi furono sostituiti dai Monaci Benedettini.
Una prima spoliazione del tesoro del Tempio mandato a Roma dal Papa avvenne nel corso della lotta contro Enrico /V. Nei secoli seguenti la chiesa di S. Apollonio seguì le vicende della rocca finchè dopo la metò del sec. X/V fu totalmente abbandonata dall’abate e dai monaci. Nel 1392 la chiesa è profanata. La Visita del Vescovo Cervini del 1575 la dice “pene destructa”. La Visita Marchesani nel 1575 la indica ridotta a cella vinaria e piena di botti. Ancora nel 1584 era profanata, indecente e priva delle cose necessarie al culto. L’ultima Visita pastorale a nominarla è quella del Vescovo Rangone nel 1607 che lo trova in stato miserando ed ancora ridotta a cantina (7). Si ricorda tuttavia che ancora verso il 1822 vi veniva ascoltata la Messa.
Nel 1877 , sotto la guida dell’insigne archeologo e paletnologo prof. Don Gaetano Chierici, furono iniziati a Canossa gli scavi proseguiti in seguito sotto la direzione del prof. Naborre Campanini. Attualmente si stanno conducendo importanti lavori di restauro per opera della Soprintendenza per i Beni Architettonici ed Ambientali dell’Emilia. Canossa era sede di Comune e come tale la troviamo nell’Estimo del 1315 conservandosi inoltre fino al 1831 come sede di giurisdicenza. Alla fine del settecento il Ricci ne indica la popolazione in 237 abitanti (8). Negli anni 1998-2000 , il fabbricato ospitante il Museo è stato oggetto di un progetto di recupero degli architetti Walter Baricchi e Paolo Soragni, che ha consentito di rinvenire murature dell’antico palazzo feudale e di predisporre un riallestimento museale curato dalla Società Reggiana di Archeologia. Continui sono gli interventi di consolidamento della rupe mentre solo in anni recenti si è proceduto ad avviare nuove ricognizioni archeologiche nell’area del castello. Nel borgo rimane visibile un interessante complesso rustico con torre, ora dei Conti; presenta una bella struttura in pietra, copertura a due falde e cordolo di colombaia in laterizio a dente di sega.
IL CASTELLO DI CARPINETI
Già nel /X secolo il castello di Carpineti viene citato in alcuni documenti ma sarà la Contessa Matilde a valorizzare il complesso. All’interno della fortificazione, provvista di un doppio ordine di mura, la Contessa ordina l’edificazione della chiesetta di stile romanico dedicata a Sant’Andrea, tuttora ben conservata. La fortezza di Carpineti viene eletta quale sede privilegiata per ospitare pontefici, imperatori, re e duchi. Nel 1077 accoglie papa Gregorio V// , reduce dall’incontro di Canossa mentre nel 1082 riceve il vescovo di Lucca Anselmo. La morte di Matilde nel 1115 chiude il periodo più denso di avvenimenti nella storia di questo castello, conteso tra Papato ed /mpero. Nei secoli seguenti la fortezza di Carpineti subisce diversi assalti e si susseguono al potere più proprietari, fra i quali anche il leggendario “bandito della montagna” Domenico Amorotto (secolo XV/).
Presso il Castello di Carpineti è possibile pernottare nelle stanze della Dimora del Castello. A circa quattro chilometri dal castello da segnalare l’antica Pieve di San Vitale, la cui canonica è stata oggetto di recenti restauri e oggi adibita a ostello e ristorante. / ruderi del castello sono di proprietà della Provincia di Reggio Emilia e sono visitabili.
Ricordiamo inoltre che il castello è aperto, previa prenotazione e compatibilmente con la situazione meteo, per gruppi di min 15 persone.
Per dormire presso ‘La dimora del Castello’, Room & Breakfast contattare 339 2943736
/nformazioni: /deanatura , tel. 0536 966 112 – 339 2943736 info@ideanatura.net
LA PIETRA DI BISMANTOVA
La Pietra di Bismantova è quel massiccio roccioso dall’inconfondibile ed isolato profilo a forma di nave che contraddistingue il paesaggio dell’Appennino Reggiano. Con una lunghezza di 1 km , una larghezza di 240 m ed un’altezza di 300 m , sull’altopiano che le fa da base, è un gigantesco esempio di erosione residuale.
La sua formazione risale al Miocene medio inferiore, ovvero a circa 15 milioni di anni fa , epoca in cui questa calcarenite, poggiata su una base di marne argillose, si è formata in ambiente marino poco profondo in una fase di clima tropicale, fatto testimoniato dal contenuto paleontologico rinvenibile: gusci di molluschi, alghe calcaree, spicole di spugna, denti di pesce. In realtò si tratta di quello che resta di una ben più estesa placca arenacea in parte smantellata, perchè interessata da faglie e fratture, e plasmata dall’erosione durante lo scorrere dei millenni: fanno fede di ciò i grossi blocchi staccatisi e giacenti in parte alla base delle pareti verticali, che superano i 100 m.
Per quanto riguarda la vegetazione, la Pietra è caratterizzata da ambienti molto differenti fra loro, che comprendono una grande varietò di situazioni. Dalle zone boscate, prevalentemente a Roverella, a quelle arbustate di Ginepro, Biancospino e Rosa di macchia. Dai versanti più freschi, che ospitano anche il Nocciolo, l’Acero campestre, il Carpino Nero e qualche Tiglio, al caratteristico e diffuso Maggiociondolo, dalla suggestiva fioritura gialla in tarda primavera. Dalle aree detritiche ricoperte da materiali rocciosi, dove si possono trovare specie xerofile di notevole importanza fitogeografia, come l’Elicriso italico, il Timo Serpillo, il Bromo Eretto, la Cornilla Minima, la Globularia Vulgaris, al pianoro sommitale, un tempo adibito a pascolo, oggi inutilizzato e segnato dall’espansione del bosco sulla superficie prativa a graminacee.
Queste particolaritò rendono la Pietra un elemento del paesaggio così unico e rappresentativo, che è diventato oggi un emblema di questi luoghi, impresso nell’immagine identitaria delle genti che li abitano e dei visitatori che li indagano. Alcuni recenti studi sociologici sulla percezione del paesaggio hanno mostrato quanto la Pietra di Bismantova sia diventata importante per le persone ed ha fatto emergere un problema: il bosco, ai giorni nostri incolto, che tende ad espandersi ed a mimetizzare la forma del massiccio roccioso, andando così a ridurne l’immagine caratteristica. Alcuni progetti ed interventi sono giò stati elaborati al fine di controllare questa tendenza e di proteggere l’identitò paesistica della Pietra di Bismantova, quella pietra che giò Dante aveva cantato nei versi della sua Commedia.
LA TERRA DEI POETI
Scandiano, terra di sapienti e di poeti (e di ottimo cibo)
La Val Tresinaro ha una capitale che si trova all’imbocco della valle: è la cittò di Scandiano, un centro agricolo e industriale di ventimila abitanti che conserva la memoria di una storia saldamente inserita nel cuore della cultura europea. Simbolo della cittò è la rocca dei Boiardo , oggi restituita dallo Stato alla gestione della comunitò locale. Affacciandosi da queste mura, Matteo Maria Boiardo, concepì quel fantastico mondo di dame e cavalieri che aprì la strada ai capolavori della letteratura cavalleresca.
“Terra di sapienti e di poeti” definì Scandiano Giosuè Carducci, con riferimento anche a due grandi precursori della scienza moderna: Antonio Vallisneri e Lazzaro Spallanzani, di cui è stata restaurata e aperta al pubblico la bella casa settecentesca. E proprio allo Spallanzani è dedicato l’osservatorio astronomico che si trova sulle colline scandianesi.
Scandiano è anche terra di grandi tradizioni enogastronomiche. La produzione di vini rappresenta una vocazione secolare di tutta la zona dello Scandianese, ricca di diversi tipi d’uve, dalle numerose varietò di Lambrusco all’Ancellotta, al Malbo Gentile. Da ricordare il celebrato Bianco di Scandiano, un vino frizzante di antica fama ottenuto con un vitigno locale. Scandiano ha aderito al circuito nazionale delle Cittò del Vino allo scopo di valorizzare questo patrimonio enologico non solo dal punto di vista economico ma anche come uno dei possibili motori della valorizzazione turistica del territorio.
Nelle campagne di Scandiano si produce inoltre l’ottimo formaggio Parmigiano-Reggiano e l’impareggiabile aceto balsamico tradizionale di cui la Val Tresinaro, ma soprattutto la zona di Scandiano, è uno dei centri principali di produzione, grazie ad alcune aziende leader del settore. Non a caso, a Scandiano è nata la Strada dei Vini e dei Sapori delle Colline di

Scandiano e Canossa, che richiama nel nome i due poli storici più significativi dell’arco collinare reggiano.
Oggi Scandiano è impegnata nel recupero ambientale dei percorsi, pedonali e ciclistici, che la legano a un patrimonio in parte ancora poco conosciuto di dolci colline e di piccoli borghi storici. Museo per la storia dei movimenti contadini, dell’antifascismo e della Resistenza nelle campagne
IL MUSEO CERVI
/l Museo Cervi si trova nella bassa pianura reggiana ed è ambientato nella casa abitata dalla famiglia Cervi dal 1934 , un’ampia struttura colonica sita a / Campirossi, un podere che si estende per 53 biolche reggiane (pari a circa 16 ettari) al confine fra i comuni di Gattatico e Campegine. /l Museo Cervi nasce come sviluppo della raccolta degli oggetti che la famiglia dei sette fratelli aveva conservato fin dagli anni della guerra e di quelli donati successivamente (materiali a stampa e manoscritti, riconoscimenti e decorazioni ufficiali, album, cimeli, opere d’arte).
/l materiale aveva trovato una prima sistemazione, nel corso degli anni ’60 del secolo scorso, con l’ampliamento dello stabile e la creazione di un’apposita saletta. Solo nel 1975 , con l’acquisto dell’immobile e del fondo da parte della Provincia di Reggio Emilia, è stato possibile iniziare un lavoro di consolidamento della struttura, conclusosi nel 2001 grazie ad un finanziamento del Ministero per i Beni Culturali. /nsieme alla riqualificazione della struttura, è stato riallestito l’intero percorso di visita secondo un itinerario che partendo dalla straordinaria esperienza di vita, di lavoro, di lotta della famiglia Cervi dà testimonianza del complesso tessuto culturale, politico e sociale che caratterizza le campagne emiliane nella prima metà del XX secolo. /l nuovo percorso si sviluppa focalizzando nella storia dei Cervi, e nella storia dell’Emilia del Novecento, alcune fasi fondamentali: il lavoro nelle campagne, l’antifascismo e la Resistenza, la costruzione della memoria dei Cervi nel dopoguerra. A conclusione dell’esposizione storica è possibile visitare le stanze in cui viveva la famiglia Cervi.
Al percorso storico si intreccia un percorso narrativo, che utilizza sia le parole lasciate da tanti protagonisti, sia alcune testimonianze video. Oltre agli oggetti e ai documenti disponibili, legati alle attività lavorative della famiglia Cervi – pochi relativi alla lotta antifascista e partigiana, numerosi per il periodo successivo alla Liberazione – , nel percorso sono possibili approfondimenti grazie a leggii tematici, carte geografiche, elaborazioni grafiche, rassegne di fonti fotografiche, filmate e documentarie. /l Museo Cervi, fin dalla sua nascita ufficiale, è gestito dall’/stituto “Alcide Cervi”, dedicato al padre dei sette fratelli fucilati dai fascisti nel ’43 agli albori della lotta partigiana, è stato costituito il 24 aprile del 1972 a Reggio Emilia per iniziativa dell’Alleanza Nazionale dei Contadini (oggi Confederazione /taliana Agricoltori), dell’Associazione Nazionale Partigiani d’/talia , della Provincia di Reggio Emilia, e del Comune di Gattatico. L’/stituto nasce con lo scopo di promuovere e realizzare attività scientifiche e culturali nell’ambito degli studi e delle elaborazioni delle materie che interessano l’agricoltura e il mondo rurale, indagati sotto il profilo storico, economico, sociale, giuridico, letterario e artistico. /l valore simbolico e storico di Casa Cervi, insieme al nome di questa famiglia straordinaria, emblema di tante altre vicende umili e generose della rinascita democratica italiana, ha fatto si che attorno all’/stituto , custode di questa memoria, si stringesse una vasta comunità di cittadini ed istituzioni.
L’/stituto Alcide Cervi gestisce il Museo Cervi, cuore operativo delle proprie attività, e la Biblioteca-Archivio “Emilio Sereni” che ospita la Biblioteca privata di queso eminente studioso a cui la struttura è dedicata, e l'”Archivio storico nazionale dei movimenti contadini italiani”. Un patrimonio documentario, librario e archivistico di inestimabile valore per la storia dell’agricoltura, della societò rurale e dei movimenti contadini italiani, europei ed extraeuropei.
/l lavoro contadino: Nella prima sezione del Museo, allestita nei locali della ex stalla, è presentata la storia dei Cervi come famiglia contadina, in un periodo in cui il mondo contadino emiliano era attraversato da grandi trasformazioni politiche e sociali. Sono esposti attrezzi e utensili divisi per aree tematiche e cicli produttivi: lavorazione della terra, ciclo della canapa, ciclo del vino, lavorazione del latte, apicoltura. /nsieme a questo, si ritrovano le evidenze di una famiglia di agricoltori-studiosi autodidatti, convinti che la conoscenza e il progresso fossero la chiave per il riscatto delle classi rurali.
L’antifascismo e la Resistenza: Nella seconda sezione è illustrata l’attività della famiglia Cervi durante la lotta antifascista e la Resistenza, presentata nel contesto politico e sociale più generale del reggiano. A partire dalle prime azioni di boicottaggio e di protesta, matura nella famiglia una pionieristica opposizione al fascismo, che li pone all’avanguardia nel territorio reggiano nell’attivitò clandestina antifascista.
Attraverso alcuni testi (brani molto toccanti di Salvatore Quasimodo e Piero Calamandrei, e alcune lettere scritte dal carcere dai fratelli Cervi prima della fucilazione) viene rievocato il dramma e il dolore per l’uccisione dei sette fratelli.
Una famiglia nella memoria: La terza sezione è dedicata alla costruzione della memoria della famiglia Cervi nell’/talia del dopoguerra, dei sette fratelli uccisi, e del padre, superstite e instancabile testimone.
La visita prosegue nei locali dell’abitazione della famiglia, dove sono stati recuperati, con gli oggetti di uso quotidiano e gli arredi originali, la cucina, la cantina e due stanze da letto. Al termine della visita, gli utenti possono consolidare i contenuti del percorso con uno strumento innovativo e spettacolare: la Quadrisfera. Si tratta di un’installazione multimediale che avvolge il visitatore in un’esperienza sensoriale senza precedenti, una galleria caleidoscopica di suoni ed immagini che racchiude in pochi minuti di straordinaria intensitò il senso del messaggio dei Cervi.
/l Parco agro ambientale del Museo Cervi: Nel 2005 l’/stituto Alcide Cervi, in collaborazione con il Comune di Gattatico, la Fondazione Manodori e la Provincia di Reggio Emilia, ha inaugurato il Parco Agro ambientale del Museo Cervi. /l Parco sorge in una porzione del podere agricolo annesso alla casa in cui visse e lavorò la famiglia Cervi, e rappresenta un itinerario guidato nell’ambiente naturale e culturale della media pianura padana, poichè mantiene e ricrea, nell’ambito del territorio agricolo, spazi naturali promuovendo pratiche agronomiche più rispettose dell’ambiente, contribuendo al mantenimento nel territorio di elementi del paesaggio agrario locale come, ad esempio, la piantata reggiana, oramai al limite della definitiva scomparsa.
L’impegno: /n coerenza con la propria missione, il Museo promuove ricerche, studi e iniziative di carattere storico, etnografico e ambientale; notevole l’impegno rivolto alle scolaresche, che si traduce in una vasta offerta di laboratori didattici e teatrali, mentre in occasione delle principali ricorrenze nazionali vengono organizzate iniziative pubbliche sui temi della pace e della convivenza democratica
“Museo Cervi”
/ndirizzo via Fratelli Cervi 9 , 42043 Gattatico (RE)
Telefono 0522/678356 – Fax 0522/477491 www.fratellicervi.it
BRESCELLO
/ luoghi di Don Camillo e Peppone C’era una volta un paesino…
questo è l’inizio di uno dei più celebri film Don Camillo e Peppone girato a Brescello. Proprio nella Bassa Reggiana furono ambientati tutti i film tratti dai celebri racconti di Giovannino Guareschi, in quella terra fatta di piccoli paesini, di portici, piazze, chiese e bar, il “mondo piccolo”, appunto.
Proprio a Brescello si più trovare il Museo di Don Camillo e Peppone inserito in un austero palazzo a poca distanza da Piazza Maggiore, ex convento Benedettino, è nato nel 1989 ad opera di un gruppo di appassionati.
Il Museo raccoglie cimeli e ricordi della saga cinematografica: dalla bicicletta di Fernandel, alla moto di Peppone…è altresì ricco di videocassette, libri e prodotti enogastronomici.Altri luoghi resi celebri dai film sono sparsi per il paese (la grande campana, la piazza e ­ soprattutto – la chiesa con il campanile e il crocefisso).
Indirizzo: Via De Amicis, 2 – 42041 Brescello RE
Servizi aggiuntivi e attività svolte:
visite guidate su prenotazione (visite guidate in lingua: francese, inglese, tedesco) per info Ufficio Informazioni turistiche di Guastalla
via Gonzaga, 37/A – 42016 Guastalla (RE)
Tel. ++39 0522 219812 – Fax ++39 0522 219708 – iatguast@libero.it
MOLTO ALTRO SU
http://reggioemiliaturismo.provincia.re.it reggioemiliaturismo.provincia.re.it

 

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