Una mostra, fortemente voluta da Vittorio Sgarbi e realizzata dalla Fondazione Ferrara Arte e dalle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara, ripropone a Ferrara Giovanni Battista Crema.
Giovanni Battista Crema. Oltre il divisionismo
Inaugurata a Maggio, la mostra che il castello estense di Ferrara dedica a Giovanni Battista Crema è stata prorogata fino al 26 dicembre.
Ferrarese di nascita ma romano d’adozione, Giovanni Battista Crema (1883-1964) ha lavorato senza sosta per oltre sessant’anni, interpretando con la sua arte la modernità e le contraddizioni del Novecento.
La mostra è suddivisa in sette sezioni tematiche, precedute da una sala introduttiva in cui l’artista si presenta attraverso la propria immagine, con due autoritratti di epoche diverse e un ritratto scultoreo di Silverio Montaguti.
Una selezione di opere provenienti dalle collezioni civiche viene messa in dialogo con importanti prestiti da musei e collezioni private, con il corredo di documenti inediti provenienti dell’archivio degli eredi dell’artista, tra cui il toccante manoscritto autobiografico intitolato Memorie inutili di un sopravvissuto.
Dal socialismo umanitario degli anni giovanili, quando frequentava il cenacolo di Giacomo Balla, all’originale commistione di realismo e simbolismo della maturità, il percorso di Crema racconta l’immaginario di un artista dalla forte vocazione narrativa.
Egli sapeva esprimersi tanto in trittici e opere di grandi dimensioni, quanto in dipinti da cavalletto e piccoli disegni a matita.
La selezione delle opere in mostra permette di entrare nel percorso di un artista che con l’avanzare delle nuove avanguardie del secondo dopoguerra, fu portato a distaccarsi sempre più dal dibattito artistico a lui contemporaneo.
Fu tuttavia un artista presente di fronte ai temi dell’attualità che lo circondava.
Dopo un focus su ritratti, scene di vita domestica e nudi femminili, la mostra restituisce l’esperienza del pittore ferrarese al fronte.
Infatti, la riflessione sui temi della furia bellica fa da contraltare a quella sulla duplice valenza dell’ingegno e del progresso, a cui è dedicata l’ultima sezione.