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Giuseppe Tassi

Giuseppe Tassi

Viaggio in Australia

Una foto del 2014, ripescata dall’archivio, resuscita il ricordo di un viaggio in Australia

Viaggio in Australia

 

©Giuseppe Tassi
©Giuseppe Tassi

 

Il piccolo diavolo spinoso cattura i raggi del sole sull’asfalto dell’autostrada.
Ha la maestà di un dinosauro e mille bozze lungo il corpo ma basta una mano per contenerlo e una carezza per salvarlo dalle ruote delle auto che sfrecciano verso Uluru, la montagna sacra.
In questo mondo senza tempo il Thorny devil, la lucertola con le spine, è un ponte lanciato verso la preistoria, quando Uluru era alto il doppio dell’Himalaya e la Terra un unico grande continente: Pangea.
Accarezzando quel piccolo corpo, risaliamo il fiume del tempo, ci prepariamo all’impatto con il mondo degli aborigeni e i loro sentieri del sogno, una miscela di leggende della creazione, tramandate per via orale soltanto agli iniziati, che uniscono magicamente passato e futuro.
Percorrendo in auto il deserto del Red Centre, una specie di savana popolata di cespugli e terra rossa nutrita di ferro, si entra nel mondo di Uluru (Ayers Rock), la montagna sacra degli aborigeni.
C’è un magnetismo speciale intorno al colosso di argilla compressa che si erge improvviso sulla pianura fino all’altezza di 300 metri.
Le sue pareti ripide sono decorate di graffiti millenari e a ogni piega del suo corpo roccioso è legata una leggenda, un mito delle origini.
Per gli aborigeni è un luogo iniziatico, un rifugio sicuro, un tempio della religione dell’anima.
E anche un europeo, piovuto lì da un mondo lontano, avverte il magnetismo speciale di questa roccia che parla e racconta i segreti del mondo che nasce.
Nel parco nazionale di Uluru Kata Tjuta si apre una suggestiva porta sul mondo aborigeno.
Una donna con il naso camuso, l’ampio corpo adagiato a terra solca la terra rossa con un dito, lascia segni precisi col dorso della mano, tramuta la materia informe in arte che racconta.
Cerchi che simboleggiano tribù e accampamenti, linee frastagliate per dire acqua e pioggia, l’ampio solco lasciato dalle donne sedute a terra nel villaggio e quello piccolo che identifica il boomerang. Il linguaggio tribale dei segni fa vivere quella sabbia rossa figlia della Terra che nasce e dei suoi cataclismi.
E’ lo stesso messaggio che ritrovi nei disegni apparentemente astratti degli artisti aborigeni.
E invece ogni tela rivela significati profondi e agganci con il mondo dei sogni, quando i titani abitavano la terra e Kunia, il pitone del mito, saliva il monte Uluru per deporre le sue uova e riannodare il cerchio della vita.
Oggi molti nativi vivono dei sussidi statali e bivaccano, bottiglia alla mano, per le strade di Alice Springs, dove la popolazione aborigena tocca il 30 per cento.
Il contatto con l’uomo bianco li ha precipitati in una condizione lontana dal sogno delle origini.
Ma qualcuno lavora negli alberghi, nelle strutture turistiche, senza perdere l’orgoglio della propria gente e il contatto con quelle radici che si intrecciano con la storia del mondo.
E’ un impatto forte, un’emozione profonda quella che si prova a contatto con il popolo aborigeno.
Si avverte un senso di genuina felicità tentando di riprodurre con pennelli e colori la simbologia dei nativi, raccontando con un disegno la storia del proprio viaggio in Australia e i percorsi della fantasia.
La stessa gioia bambina che si prova cavalcando un dromedario nella luce meravigliosa del tramonto con la mole di Urulu sullo sfondo e il cielo di un azzurro irreale.
 n Mentre il sole cala, la montagna sacra diventa un caleidoscopio di colori che si ripete dall’alba della terra.
Un viaggio nel Red Centre australiano è un percorso dentro di noi, un recupero della dimensione naturale che abbiamo dimenticato.
E’ la via di accesso a un ritrovato rapporto con la terra, le rocce, le pietre, gli animali.
Diventa naturale accarezzare il cammello, posare per una foto con il pitone al collo, avvicinare il canguro che protegge il suo piccolo e coccolare fra le mani lo spinoso diavoletto salvato sull’asfalto dell’autostrada.
E’ stato proprio lui a schiuderci i sentieri del sogno

Di Giuseppe Tassi

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