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Giuseppe Tassi

Una sera di molti anni fa con Lucio Dalla

Stiamo per celebrare un altro 4 marzo, un nuovo compleanno senza Lucio

Una sera di molti anni fa con Lucio Dalla

 

Lucarelli, CC BY-SA 3.0 , via Wikimedia Commons
Lucarelli, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons

 

Una sera di molti anni fa con Lucio.
E’ fine estate e mezza città è ancora in vacanza.
In una Bologna semivuota c’è una perla da cogliere: un concerto di Dalla, gratuito, su un palco improvvisato in Piazza VIII agosto, di fronte al parco della Montagnola.
Lucio non si fa attendere, ama la sua città e ha voglia di dimostrarlo ancora una volta, regalando se stesso agli altri nel segno della generosità.
Ma le sue note magiche, e quelle parole intrise di poesia, restano imprigionate in un’aria greve e pesante.
Pochi cani sciolti sotto quel palco a gridare a gran voce l’entusiasmo per il cantautore poeta.
E intorno una città distratta e assente, che non capisce e non riconosce il suo campione.
Lucio canta nell’indifferenza in un silenzio che sa di distacco.
Lo scrivo oggi a distanza di tanto tempo , mentre stiamo per celebrare un altro 4 marzo, un nuovo compleanno senza Lucio.
La stessa Bologna che oggi lo rimpiange e lo glorifica, che lo celebra con le parole delle canzoni trasformate in luci in via D’Azeglio, allora era assente, lontana, quasi indifferente.
Solo quella morte improvvisa, nel 2012, in un hotel di Montreux sembra aver risvegliato le coscienze, raccontato alla citta’ e al mondo la grandezza di Lucio.

Un destino simile a tanti grandi della pittura, che hanno visto riconosciuta appieno la qualità della loro arte dopo aver salutato questo mondo.

Le canzoni di Lucio ripassate a memoria parola per parola, riascoltate in modo ossessivo dopo la sua morte, hanno rivelato una profondità di pensiero e una ricchezza di significati che pochi avevano capito appieno finché Dalla è rimasto con noi.
Solo dopo quell’addio, consumato nel cuore della notte come nel dramma del suo Caruso, il mondo, e la sua città, hanno capito che dietro la cuffia di lana e la barba incolta di quello strampalato menestrello c’era un genio vero.
E un uomo capace di insegnarci a vivere.

Di Giuseppe Tassi

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