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Giuseppe Tassi

L’Africa è una ricerca delle radici. Un salto indietro nei secoli fino all’alba dell’uomo

Un suono guerriero vibra nell’aria e nel tempo, traccia di un passato che vive ancora in noi

L’Africa è una ricerca delle radici. Un salto indietro nei secoli fino all’alba dell’uomo.
Hein waschefort, CC BY-SA 3.0 , via Wikimedia Commons
Hein waschefort, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons

 

La prigione del Covid ci ha abituato a viaggiare di più dentro di noi.
A riannodarci alle radici perdute.
Questa ritrovata capacità di muoverci nel tempo mi ha riportato alle memoria le impressioni raccolte in un viaggio in Sudafrica, lontano ormai più di vent’anni.
La lingua della donna zulu batte impazzita contro il palato.
Un suono guerriero vibra nell’aria e nel tempo, traccia di un passato che vive ancora in noi.
L’Africa è una ricerca delle radici, un salto indietro nei secoli fino all’alba dell’uomo.
Per pochi magici istanti riapriamo il terzo occhio, quello che alza il sipario sul mondo perduto: il regno degli spiriti, della natura che nasce, dei primi sogni dell’uomo.
L’autobus che si inoltra nel parco Kruger trasforma anche la striscia d’asfalto in un pezzo di savana, nel territorio di caccia del leopardo, in una pista magica che ridesta i sensi sopiti dalla civiltà.
Il leone crolla placido al suolo, la jena azzanna una preda ancora calda e intorno pulsa la vita animale e la nostra voglia di riabitare quella savana.
Suona profondo e ossessivo il tamburo degli zulu, mentre la danza guerriera fa scattare quelle lunghe gambe verso il cielo.
Dentro le bocche spalancate nel canto brillano denti d’oro figli del nostro tempo, simboli di un prestigio sociale.
Ma il viaggio è cominciato, l’Africa è un male sottile, quel suono cattura l’anima, ne diventa padrone.
Scandisce il ritmo della vita, riapre le porte del tempo.
Il primo mondo vive ancora: basta saperlo ascoltare.

Di Giuseppe Tassi

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