Il Padiglione dell’Ungheria ai Giardini della Biennale propone la mostra “Dopo i sogni: ho il coraggio di sfidare i danni”, installazione site-specific a più sculture create appositamente per la Biennale Arte 2022 da Zsófia Keresztes.
La sua opera si dedica alle tappe della ricerca dell’identità. Il suo concetto risale al dilemma del porcospino di Schopenhauer. La metafora usata spesso dal filosofo e poi da Freud e dai rappresentanti della psicologia moderna ha l’intenzione di dare un’idea della natura dell’intimità. L’uomo, come creatura sociale, non è capace di vivere da solo, di conseguenza cerca continuamente altri con cui può dividere i suoi pensieri, sentimenti e amore.
Nata nel 1985 a Budapest, dove attualmente vive e lavora, Zsófia Keresztes si è laureata presso il Dipartimento di Pittura dell’Accademia Ungherese di Belle Arti nel 2010.
Durante gli anni universitari ha sperimentato lo spostamento del piano dell’immagine in 3D, poi ha creato architetture tessili.
Ha poi lavorato sulla formabilità della carta, creando installazioni per lo più determinate dal loro carattere effimero.
Dal 2016 ha trovato il materiale del polistirolo, che da allora è diventato il materiale base delle sue sculture, così come il mosaico di vetro che forma la struttura a guscio delle sculture.
Le sue opere possono essere interpretate come mosaici incarnati che combinano in modo unico sensualità e virtualità, analogo e digitale, reale e surreale: creando un linguaggio visivo arcaico, ma allo stesso tempo straordinariamente contemporanee.
L’installazione per il Padiglione ungherese si ispira a un episodio del romanzo di Antal Szerb, Il viaggiatore e il chiaro di luna del 1937.
Il protagonista del romanzo, arrivando da Venezia a Ravenna in occasione del suo viaggio di nozze, parte da solo per scoprire i mosaici ravennati, per evocare la propria infanzia.
Il dilemma del porcospino si adatta perfettamente alla storia del romanzo: i ricordi delle culture antiche riportano il protagonista non soltanto a ciò che l’individuo trae la sua identità dal proprio contesto sociale-culturale, ma anche a ciò che il suo presente costruisce inevitabilmente sui frammenti del passato.
L’esposizione non parafrasa la trama del romanzo, ma utilizza come analogia poetica l’esperienza mistica che il protagonista vive durante il suo incontro con i mosaici, il momento di fare esperienza, quando il sentimento di completezza esplode e la visione del mondo, fino a quel punto considerata solida, diventa incerta. Allo stesso tempo, tramite il dubbio, l’uomo può diventare capace di affacciarsi a sé stesso vivendo in eterno cambiamento.
La mostra, in quattro unità più grandi, interroga sia l’ambivalente relazione tra il passato/presente e il futuro che le tappe tramite le quali la gente delinea la propria identità.
Liberati nella reciproca riflessione dai pesi delle esperienze comuni e individuali, i frammenti del corpo reciprocamente referenziati – separati ma esistenti come una comunità – tentano di raggiungere la loro forma finale.