Per Sabrina d’Alessandro scrutare tra le pieghe delle parole è come scrutare dentro un’anima, e viceversa.
Sabrina D’Alessandro, Resurrezioni, Insurrezioni, Azioni 2009-2021.
Il CAMeC Centro Arte Moderna e Contemporanea della Spezia presenta un inedito progetto espositivo dedicato a Sabrina D’Alessandro (Milano 1975) in collaborazione con Piccolo Museo del Progetto e Kumo Design di Milano.
La mostra, dal titolo Resurrezioni, Insurrezioni, Azioni 2009-2021, nasce dal pluriennale progetto che Sabrina D’Alessandro conduce dal 2009, quando ha fondato il suo URPS – Ufficio Resurrezione Parole Smarrite.
La ricerca di Sabrina D’Alessandro è infatti basata sulla “resurrezione” di parole obsolete, parole dimenticate, abbandonate dal linguaggio comune, cancellate dall’uso nel corso del tempo.
D’Alessandro le ricerca e le richiama tramite sculture, performance, canti, spettacoli, aste, censimenti, parate di paese e chi più ne ha più ne metta.
Un gioco, seppur ufficioso e con le sue rigide regole per tenere tutto sotto controllo.
L’URPS di basa su alcuni semplici principi, racconta l’artista.
Il primo è ‘oggettificare per ricordare’: dare un ingombro fisico alle parole, in modo che non volino più a dispetto del detto latino verba volant.
Alcune diventano sculture, come ad esempio la panchina Fannònnola (aggettivo in uso nel XV secolo per indicare chi non fa e non vuole fare niente) o la Pietra Sbagliona (da scagliare se si è senza peccato).
Altro principio è che ‘le parole dicono l’uomo’, per cui molti lavori dell’URPS instaurano una relazione con il pubblico.
Come, ad esempio la serie dei Censimenti Peculiari (2012-2019), installazioni itineranti che indagano l’umano sentire attraverso l’esposizione di parole del passato che descrivono stati d’animo del presente o del futuro.
Ha anche pubblicato libri con queste parole risorte.
Visitando la mostra del CAMeC si ripercorrono i momenti salienti della produzione artistica di Sabrina D’Alessandro, dal 2009 a oggi, seguendo un filo conduttore: le parole si trasformano sempre in opere d’arte visiva e performativa, richiedendo spesso l’interazione con l’osservatore.
Il percorso espositivo va al di là della mera esposizione delle opere, poiché il visitatore si trova innanzitutto di fronte a parole semisconosciute, e quindi ha la curiosità di scoprirne il significato, e talvolta inoltre si trova a interagire con le opere stesse, sotto forma di gioco.