Sono sculture eteree quelle dell’artista lettone Daiga Grantina, che portano il visitatore in un mondo sospeso tra qualità fisiche contrastanti.
DAIGA GRANTINA Atem, Lehm “Fiato e Argilla”
La Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea/ GAMeC di Bergamo è stata inaugurata nel 1991.
Modello virtuoso di gestione condivisa pubblico-privato, la Galleria si trova di fronte all’edificio neoclassico che ospita l’Accademia Carrara, negli spazi un tempo occupati dal quattrocentesco Monastero delle Dimesse e delle Servite.
Dal 10 giugno, in contemporanea con la mostra Mentre la vita ci respira – SoPolpoVit’EreticoLe di Ernesto Neto GAMec propone Atem, Lehm “Fiato e Argilla”, prima personale in un’istituzione museale italiana dell’artista lettone Daiga Grantina (Saldus, 1985), a cura di Sara Fumagalli e Valentina Gervasoni.
Daiga Grantina crea assemblaggi scultorei su larga scala che emulano il mondo naturale.
Le sue configurazioni laboriose utilizzano materiali sintetici e incorporano qualità fisiche contrastanti: morbido e duro, trasparente e opaco, mobile e statico, forte e debole.
Per l’occasione, l’artista presenta un progetto site-specific: un nuovo corpus di opere realizzato prevalentemente con piume, legno, inchiostro, siliconi e tessuti che si offre allo sguardo dello spettatore come un insieme di entità scultoree che ne stimolano il sistema percettivo.
L’artista costruisce la mostra alla GAMeC concentrandosi sull’osservazione del colore verde in relazione alla materia e alla luce.
Grantina concepisce infatti il colore come qualcosa di fluido, vibrante, non stabile né statico, e ne indaga l’esperienza non nella sua dimensione simbolica, bensì in quella corporea e mentale.
L’esposizione rappresenta un’evoluzione importante nella poetica dell’artista, ma coerente rispetto alle grandi installazioni ambientali che ne hanno caratterizzato la produzione sino ad ora.
A segnare questa evoluzione è il dialogo con lo spazio architettonico in cui inserisce i suoi paesaggi scultorei.
Uno spazio che Grantina intende ora contenere, assorbire, e in cui geometria e disegno diventano grammatica dei suoi “gesti” – così l’artista definisce le proprie opere scultoree –, traducendo la percezione dei materiali eterogenei di cui si compongono le sculture in una dimensione eterea.
A caratterizzare lo spazio sarà l’opera murale che cinge la sala e che si configura come una struttura aperta.
Una linea composta da unità quadrate di colore – disegnate o riempite di piume iridescenti blu e verdi, o costituite da legno dipinto – organizzata come una partitura musicale, che può vibrare, assorbendo e rilasciando diverse frequenze di colore e luce, diventa la guida del visitatore alla mostra.