Una mostra dedicata ai Videogiochi e alle riflessioni sul loro rapporto con l’arte multimediale.
WORLDBUILDING GAMING AND ART IN THE DIGITAL AGE
La Julia Stoschek Collection è una delle collezioni private più complete al mondo nel settore della ricerca sui videogiochi.
Per celebrare i quindici anni del suo spazio espositivo di Düsseldorf dal 5 giugno la Collezione ha organizzato la mostra collettiva WORLDBUILDING: Gaming and Art in the Digital Age.
La mostra esamina la relazione tra gioco e arte multimediale basata sul tempo con un viaggio attraverso i vari modi in cui gli artisti hanno interagito con i videogiochi e li hanno trasformati in una forma d’arte.
Nel 2021 quasi tre miliardi di persone, un terzo della popolazione mondiale, hanno giocato ai videogiochi, trasformando un passatempo di nicchia nel più grande fenomeno di massa del nostro tempo.
Molte persone trascorrono ore ogni giorno in un mondo parallelo e vivono una moltitudine di vite diverse.
I videogiochi sono per il ventunesimo secolo ciò che i film sono stati per il ventesimo secolo e i romanzi per il diciannovesimo secolo.
L’estetica dei giochi è entrata nella pratica artistica decenni fa, quando gli artisti hanno iniziato a integrare, modificare e sovvertire il linguaggio visivo dei videogiochi per affrontare i problemi della nostra esistenza all’interno dei mondi virtuali.
Alcuni artisti hanno anche portato alla luce una critica ai giochi dall’interno del sistema stesso, evidenziando aspetti discriminatori e stereotipati delle logiche commerciali e di gioco.
WORLDBUILDING comprende oltre trenta opere d’arte dalla metà degli anni ’90 ad oggi.
Sono tutte opere della Julia Stoschek Collection, alcune delle quali appositamente adattate per la mostra, affiancate da nuove opere commissionate.
Sono compresi video, realtà virtuale (VR), intelligenza artificiale (AI) e opere basate sui giochi, la maggior parte delle opere sono interattive e invitano apertamente i visitatori a immergersi nella moltitudine di realtà alternative create dagli artisti, che abbracciano passato, presente e futuro.
Una cosa che balza all’occhio nella mostra è la rilevante presenza femminile tra gli artisti che hanno modificato i video e i giochi esistenti per i propri lavori, pioniere come Suzanne Treister, Rebecca Allen, Peggy Ahwesh, Cory Arcangel per citarne solo alcune.
Nel complesso tutti gli artisti che si sono impegnati sul mondo dei videogiochi o riflettono in modo critico sull’identità socio-identitaria con visioni utopiche e mondi futuri (Danielle Brathwaite-Shirley, Keiken, LuYang, Lawrence Lek, Gabriel Massan e l’Institute of Queer Ecology) o puntano a un’interazione diretta in cui i confini tra opera d’arte e dimensione sociale dei videogiochi o del metaverso si fondono (Lual Mayen, Cao Fei, Frances Stark, Angela Washko e LaTurbo Avedon).
In mostra anche lavori di programmazione di Ed Atkins, Meriem Bennani, Ed Fornieles, Rindon Johnson e Jakob Kudsk Steensen e le componenti più narrative dei lavori di Harun Farocki, Larry Achiampong & David Blandy e Sondra Perry.