Una selezione della collezione, con opere che rappresentano l’evoluzione della tecnologia nel flusso dell’energia elettrica, fa riflettere sul rapporto tra mondo come realmente è e mondo come sembra.
World on a Wire
Il Kunstmuseum St. Gallen è considerato lo scrigno del tesoro culturale della Svizzera orientale.
Ospita una ricca collezione di dipinti e sculture dal tardo Medioevo fino ai giorni nostri, la gran parte esposti nella mostra permanente.
Frequenti e di qualità sono inoltre le mostre temporanee di arte contemporanea e moderna.
Dal 24 ottobre 2020 il museo ospita la mostra Vorld on a wire/Mondo su un filo, mostra collettiva che presenta opere di Karin Karinna Bühler, Silvie & Chérif Defraoui, Rainer Werner Fassbinder, Georg Gatsas, Andy Guhl, Alexander Hahn, Mona Hatoum, Peter Liechti, MANON, Matthew McCaslin, Norbert Möslang, Jason Rhoades, Pipilotti Rist, Keith Sonnier, Aleksandra Signer, Roman Signer.
Tutti gli artisti sono rappresentati con opere importanti nella collezione del Kunstmuseum.
La mostra è ispirata a un visionario film televisivo di Rainer Werner Fassbinder, del 1973 basato sul romanzo di fantascienza Simulacron-3 di Daniel F. Galouye (1920-1976).
Tutte le opere in mostra portano il discorso sul mondo e il suo non essere quello che sembra nonchè sul pensiero filosofico che invita alla riflessione per renderlo più chiaro.
La mostra offre un incontro con l’arte dell’installazione con proiezioni, neon e luci fluorescenti e video arte.
Sono tutte forme e strumenti che dipendono da un flusso costante di energia elettrica.
Le nuove tecnologie hanno sempre offerto nuove possibilità estetiche e concettuali che gli artisti hanno utilizzato intensamente dalla fine degli anni ’60.
Proprio perché questa tecnologia in rapida evoluzione fa parte della vita quotidiana e riflette gli sviluppi rapidi e contraddittori del presente, i suoi messaggi sono particolarmente rilevanti.
Inoltre, la serie centrale di fotografie di Manon La dame au crâne rasé, creata a Parigi nel 1977, distilla in modo unico l’atmosfera del tempo, la sensazione individuale del corpo e l’isolamento di vivere nella città anonima.
I paralleli con l’esperienza del blocco nel 2020 sono sorprendenti e le distorsioni risultanti sono più disorientanti che mai.