Un limone da Poker

Ad ogni Primavera il nostro Limone, liberato da quella fastidiosa copertura, si accorgeva di aver dimezzato il proprio fogliame

Un limone da Poker

Un limone da Poker
Un limone da Poker

 

Inverno

Ogni anno, ai primi freddi, il Limone in vaso veniva coperto con un telo di plastica trasparente, per ripararlo dai rigidi freddi invernali.

In effetti quando le giornate erano limpide, si poteva godere il caldo tepore del sole, ma di notte o nei giorni grigi di pioggia o neve, la copertura poteva ben poco, il freddo era pungente e, giorni di vento, i rami sbattuti dal telo soffrivano e perdevano le foglie.

Ad ogni Primavera il nostro Limone, liberato da quella fastidiosa copertura, si accorgeva di aver dimezzato il proprio fogliame.

 

Il freddo

Comunque si era abituato a quella “tortura” invernale e alla fine costatava soddisfatto che almeno la metà delle foglie erano ancora ben salde sui rami.

La ferita si riduceva poi quando l’esperta mano femminile della casa provvedeva alla potatura.

Trascorreva poi otto o neve mesi all’aperto, a godersi libertà, sole e luce e questo bastava a far dimenticare i disagi invernali.

Un anno, nel mese in cui si svolgeva di solito il rito della copertura, vide che il tempo passava senza che nessuno venisse a coprirlo.

“Si saranno dimenticati di me? Forse han deciso di lasciarmi morire al primo gelo” pensò rattristito o “forse aspettano che i muratori finiscano non so quali lavori al piano terreno, poi mi copriranno certamente” continuava fiducioso.

“Sono due giorni che i muratori non si fanno vedere, hanno portato via gli attrezzi, ma non succede nulla” osservò con la tristezza del presagio dell’abbandono.

Il terzo giorno quattro robuste mani maschili alzarono il vaso.

“Aiuto mi buttano via!” Cercò di gridare, ma non aveva voce.

 

La promozione

Presto si stupì nel vedersi aprire la porta di casa ed entrare nella nuova stanza appena completata e destinata a studio del ragazzo di casa.

Uno degli amici che ogni giorno alle ore 18 si trovavano nel centro storico della città per discutere passeggiando sotto gli eleganti portici medievali.

“Mettiamolo qui, è il punto più luminoso e riceve bene il tepore del termosifone” disse la voce adulta maschile.

 

La fine degli inverni al freddo

Capì allora, con immenso piacere, che la tortura del telo era finita e che da allora avrebbe trascorso gli inverni nel comodo e tiepido studio del ragazzo.

Questi, con la promozione alle scuole superiori e la frequentazione del prestigioso Liceo cittadino, si era conquistato quello spazio al piano terreno tutto suo e isolato rispetto all’abitazione situata al piano superiore.

I primi due anni, quelli del Ginnasio, le cose andavano benissimo.

Limone veniva collocato nell’angolo più luminoso della stanza, con i rami liberi di godersi il tepore dell’impianto di riscaldamento, sempre acceso per garantire le migliori condizioni allo studente, e la luce del sole che entrava dall’ampia finestra.

 

La solitudine

Soffriva, a dir il vero, un po’ di solitudine, pensando che, quando era fuori, seppure impacchettato, vedeva chi passasse per strada, la gente di casa che entrava ed usciva.

Ora, invece, al mattino era sempre solo perché il ragazzo era a scuola e il pomeriggio lo vedeva dalle 14 alle 18 con la testa sui libri, intento a leggere o scrivere; non era certo una grande compagnia.

 

La nuova compagnia

Limone fu quindi felice quando sentì che, nel periodo delle feste natalizie, gli amici dei Portici sarebbero venuti al pomeriggio per una “partitina a carte”.

“Finalmente un po’ di movimento, questi ragazzi porteranno certamente compagnia e allegria” pensò e aggiunse” Devo far ruotare il vaso per mostrare la parte migliore di me a questi nuovi amici”.

Forte fu l’emozione quando vide arrivare cinque giovanotti vivaci e allegri.

Le foglie lucide vibrarono quando gli passavano accanto, si allungavano verso di loro per meglio ascoltare i loro discorsi.

Immancabilmente si concentravano sulle gambe delle compagne di scuola o delle amiche e su come ognuno era convinto di conquistarne in gran numero.

L’importante era fare bella figura in occasione dei “festini “, che, a fatica, riuscivano ad organizzare.

 

La scoperta del “Poker”

Poi apparve il mazzo di carte e una scatola di dischetti diversi per colore e dimensione: avevano deciso di giocare a poker, considerato un gioco da “moderni”.

“Briscola, scopone o tressette sono giochi da vecchi “dicevano.

Limone assistette alle lunghe discussioni su quali regole applicare, non essendoci nessun esperto nel gioco del Poker.

Il più pignolo del gruppo, procuratasi in biblioteca civica una pubblicazione contenete guida e regole del gioco del poker, spiegò con grande precisione le regole principali.

 

La puntata minima (Cip)

Restava da decidere il valore della puntata minima (cip) e della puntata massima.

Deciso che il cip valesse una lira e la puntata massima cento lire cominciarono a giocare.

All’inizio le regole venivano rispettate e il tempo delle partite restava entro i limiti delle tre ore, dalle ore 15.00 alle ore 18.00.

Questo, per non perdere la tradizione della passeggiata sotto i portici.

Già al terzo giorno cominciarono ad arrivare alle 13.30 e il gioco continuava fino alle 20.00 e oltre, inoltre la puntata massima cresceva per cui i cento divennero mille, poi diecimila e sempre più su fino anche al milione.

Quando poi chi perdeva doveva pagare, si applicava alla perdita un divisore che permettesse di riportare il valore della perdita alla effettiva disponibilità quotidiana del perdente. Maggiore era il rigore con gli amici esterni al gruppo che venivano a giocare, valeva sempre il divisore ma si richiedeva anche qualcosa in natura, tipo sigarette, libri o giornalini.

La biblioteca personale di uno dei ragazzi del gruppo dei Portici iniziò proprio con le vincite a poker.

 

Le sigarette e il fumo nella stanza

All’inizio Limone non ci fece caso, preso forse dal piacere di aver allegra compagnia, ma presto vide che la visibilità nella stanza diminuiva.

Una nebbia di fumo, che cresceva col passare delle ore di gioco, cominciava ad invadere la stanza.

Le finestre non si potevano aprire per il freddo e un fastidioso prurito cominciò a infastidire le foglie.

“Ma questi fumano come turchi!” pensò Limone cominciando a preoccuparsi e in effetti fumavano tutti e continuamente.

Spesso verso sera, quando si accorgevano che tutti i pacchetti delle sigarette erano vuoti, iniziava la caccia alle cicche.

Si recuperava il tabacco, apparivano le cartine e si facevano ulteriori sigarette, ancora più puzzolenti.

 

Le foglie intossicate cominciarono ad ingiallire

Alla fine delle feste natalizie più di metà delle foglie erano cadute, peggio di quando prendevano i colpi del telo di plastica all’aperto.

Limone aveva capito che a Lui faceva più male il fumo del freddo.

 

Lascia che accada e prenditene cura

Si sentiva affumicato ma decise di comportarsi con serenità e spirito positivo come invitava quell’aforisma trovato sul sito www.trehyus.com che a Lui piaceva tanto:

Lascia che accada e prenditene cura.

 

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