Uno sguardo sullo stato dell’arte e della ricerca artistica nelle ex repubbliche sovietiche a trent’anni dalla caduta del muro di Berlino
The Missing Planet
Il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato è la prima istituzione italiana progettata da zero e aperta nel 1988.
L’obiettivo dei fondatori è stato quello di presentare, collezionare, documentare e supportare le ricerche artistiche di arti visive e performative, cinema, musica, architettura, design, moda e letteratura.
Dopo la caduta del muro di Berlino il Centro Pecci dedicò, tempestivamente e pionieristicamente, una mostra alla scena artistica non-ufficiale sovietica, sull’onda della Perestrojka.
Nella primavera del 1990, la mostra Artisti Russi Contemporanei, testimoniò l’euforia del momento ma anche la nascita di un sentimento di timore verso il futuro.
A quella prima mostra, il Centro Pecci ne fece seguire un’altra Progressive Nostalgia, che testimoniò la disillusione del mondo post-sovietico .
In essa si evidenziavano i limiti di un incerto e contraddittorio processo di transizione e integrazione in Occidente,.
La crisi del capitalismo finanziario, lo smantellamento dei diritti sociali e la svolta autoritaria del liberismo, hanno rimesso in discussione l’ottimismo iniziale, registrando lo sconforto di fronte al fallimento del presente.
The Missing Planet si propone oggi , fino al 3 maggio 2020, come attuale e ultimo capitolo dell’ideale trilogia post-sovietica al Centro Pecci .
Sono presenti opere della collezione del Centro Pecci assieme con altre provenienti da importanti collezioni e istituzioni italiane e internazionali.
L’obiettivo è comporre una ‘galassia’ delle principali ricerche artistiche sviluppate nelle ex repubbliche sovietiche tra gli anni Settanta e oggi.