La più ampia retrospettiva mai realizzata finora, la prima in Italia, dedicata alla fotografa franco-svizzera Sabine Weiss.

SABINE WEISS. LA POESIA DELL’ISTANTE

La Casa dei Tre Oci è la casa dei “tre occhi” nel dialetto veneziano, e dal 2012 propone grandi mostre fotografiche internazionali.

Il nome deriva dalle sue caratteristiche tre grandi finestre sulla facciata dell’edificio con vista straordinaria sul canale della Giudecca e il bacino di San Marco costruita nel 1913 su disegno dell’artista Mario de Maria.

Dall’11 marzo la Casa dei Tre Oci presenta la più ampia retrospettiva mai realizzata finora, la prima in Italia, dedicata alla fotografa franco-svizzera Sabine Weiss, scomparsa all’età di 97 anni nella sua casa di Parigi lo scorso 28 dicembre 2021.

Nata Weber a Saint-Gingolph, in Svizzera, il 23 luglio 1924, Sabine, che prenderà il cognome del marito, il pittore americano Hugh Weiss, è considerata tra le maggiori rappresentanti della fotografia umanista francese insieme a Robert Doisneau, Willy Ronis, Edouard Boubat, Brassaï e Izis.

E’ stata l’unica fotografa donna del dopoguerra ad aver esercitato questa professione così a lungo e in tutti i campi della fotografia – dai reportage ai ritratti di artisti, dalla moda agli scatti di strada con particolare attenzione ai volti dei bambini, fino ai numerosi viaggi per il mondo.

Particolarità di questa mostra è che Sabine Weiss ha potuto partecipare attivamente alla costruzione di questo percorso espositivo, in quanto lei stessa, ancora in vita, aveva aperto i suoi archivi personali, conservati a Parigi, per raccontare, per la prima volta in maniera ampia e strutturata, la sua straordinaria storia e il suo lavoro.

Tra gli scatti esposti ai Tre Oci si potranno ammirare anche diversi inediti, come la serie dedicata ai manicomi, realizzata durante l’inverno 1951-1952 in Francia nel dipartimento dello Cher.

Assieme a diverse pubblicazioni e riviste dell’epoca, le circa 200 fotografie in mostra sono rappresentative dell’intera carriera di Weiss, dagli esordi nel 1935 agli anni ’80.

Fin dall’inizio, Sabine Weiss, come testimoniano in mostra le foto dei bambini e dei passanti, dirige il suo obiettivo sui corpi e sui gesti, immortalando emozioni e sentimenti, in linea con la fotografia umanista francese.

Il suo è un approccio dal quale non si discosterà mai, come si evince dalle sue parole: «Per essere potente, una fotografia deve parlarci di un aspetto della condizione umana, farci sentire l’emozione che il fotografo ha provato di fronte al suo soggetto».

L’esposizione è il primo e più importante tributo alla sua carriera e assume un valore ancora maggiore considerata la sua recente scomparsa.

Curata da Virginie Chardin, la retrospettiva è promossa dalla Fondazione di Venezia, realizzata da Marsilio Arte in collaborazione con Berggruen Institute, prodotta dallo studio Sabine Weiss di Parigi e da Laure Delloye-Augustins, con il sostegno di Jeu de Paume e del Festival internazionale Les Rencontres de la photographie d’Arles.