L’artista che guardava ai grandi maestri della scultura del passato, reinterpretandoli spesso alla luce della contemporaneità e dell’innovazione
ROBERTA MELDINI. Plastica linearità e sinuosa tridimensionalità
A dieci anni dalla morte Palazzo Merulana propone una retrospettiva dell’artista Roberta Meldini (1930-2011) protagonista di rilievo nel panorama artistico della seconda metà del Novecento.
Nata a Rimini, l’artista si trasferisce giovanissima a Roma dove consegue i diplomi di Liceo Artistico e Accademia di Belle Arti.
Negli anni di studio è allieva di Michele Guerrisi, Domenico Purificato e Giuseppe Capogrossi.
In seguito, perfeziona la lavorazione del marmo presso lo studio dello scultore Giovanni Ardini e approfondisce la tecnica del cesello con Lorenzo Guerrini.
Le sue sculture, i disegni, gli olii, le incisioni ed i rami sbalzati sono presenti in collezioni pubbliche e private, italiane e straniere.
L’esposizione presenta una selezione di oltre 50 opere – 16 tra sculture in bronzo, cemento, e terracotta e 36 tra dipinti, grafica incisoria e disegni a linea continua.
La curatrice Brigida Mascitti ha scelto opere che rappresentano le tre tematiche predilette dell’artista:
- La donne, figure monolitiche isolate, nelle pose più disparate – distese, sedute, in piedi – o in contesti naturalistici incontaminati dal carattere fiabesco;
- I ritratti, persone vicine all’artista o personaggi sconosciuti, appartenenti ai più disparati ceti sociali;
- gli animali, soggetto “umanizzato e tipizzato”, molto caro a Roberta Meldini.
L’opera di Meldini è una forma di “elogio alla vita”, che si esprime in una costante ricerca di un segno originale e distinto, ma al contempo memore della produzione scultorea figurativa nazionale ed internazionale del primo Novecento.
Nel suo lavoro infatti l’artista guarda a Giacomo Manzù, Marino Marini, Emilio Greco, Venanzo Crocetti come a Henry Moore e Constantin Brancusi.