Resonating Spaces

La rassegna autunnale della Fondation Beyeler è dedicata a cinque artiste contemporanee: Leonor Antunes, Silvia Bächli, Toba Khedoori, Susan Philipsz e Rachel Whiteread

Resonating Spaces

Leonor Antunes, Silvia Bächli, Toba Khedoori, Susan Philipsz, Rachel Whiteread 6.10.2019 – 26.1.2020

 

Susan Philipsz Triplofusus Giganteus Conchiglia gigante, Florida; dall’archivio di Susan Philipsz nell’ambito dell’installazione The Wind Rose, 2019 Per gentile concessione dell’artista, Tanya Bonakdar Gallery, New York, e Galerie Isabella Bortolozzi, Berlino © Susan Philipsz Foto: Eoghan McTigue
Susan Philipsz
Triplofusus Giganteus
Conchiglia gigante, Florida; dall’archivio di Susan Philipsz
nell’ambito dell’installazione The Wind Rose, 2019
Per gentile concessione dell’artista, Tanya Bonakdar Gallery, New York, e Galerie Isabella Bortolozzi, Berlino
© Susan Philipsz
Foto: Eoghan McTigue

 

La rassegna autunnale della Fondation Beyeler è dedicata a cinque artiste contemporanee

  • Leonor Antunes
  • Silvia Bächli
  • Toba Khedoori
  • Susan Philipsz
  • Rachel Whiteread.

È la prima volta che queste artiste di fama internazionale espongono insieme.

Diversamente da un’ampia collettiva, qui si pone l’accento su opere particolarmente significative che in modalità diverse dispiegano una propria qualità spaziale – si tratti di sculture, disegni o installazioni sonore.

I lavori evocano spazi che oscillano tra il riconoscibile e l’evanescente.

Creano luoghi e momenti di sospensione che liberano la memoria e fanno vivere le immagini.

Per lungo tempo lo spazio non ha rappresentato un motivo artistico vero e proprio.

A partire dagli anni 1960 nuove forme espressive come performance, installazione e film si sono fatte strada nel mondo dell’arte, il che ha reso lo spazio un aspetto importante, anche dal punto di vista esperienziale, della produzione artistica moderna e contemporanea.

Il titolo della mostra si rifà ai termini inglesi resonating e resonance, concetti più aperti del tedesco Resonanzraum.

Tuttavia, l’esposizione non tematizza l’approccio allo spazio ma mira piuttosto, sulla scorta di cinque posizioni diverse, a mettere in luce contenuti o realtà che nell’opera di queste artiste sono concretamente presenti ma che in genere non vengono recepiti.

Suoni: Susan Philipsz

L’artista scozzese Susan Philipsz (*1965) studia le qualità plastiche dei suoni – perlopiù tenendo conto dello spazio o dell’ambiente circostante fisico. Le sue installazioni sonore partono da registrazioni strumentali o vocali. Philipsz è solita attingere da brani musicali già esistenti come canzoni pop, canti popolari o corali moderni che lei stessa intona con la sua voce non addestrata e senza accompagnamento. Da alcuni anni fanno parte integrante del suo lavoro anche le opere strumentali, ma l’artista si avvale fra le altre cose anche di segnali radio, del suono di bicchieri musicali o di strumenti a fiato danneggiati in guerra. Sulla base di un intenso lavoro di ricerca Philipsz dischiude riferimenti a determinati fatti storici o letterari attinenti alle località in questione. Grazie ai suoni sorprendenti, accordati per sintonizzarsi con la realtà dei luoghi, l’attenzione è portata a concentrarsi sull’ambiente circostante che così viene esperito in modo nuovo.

Tracce: Toba Khedoori

Toba Khedoori (*1964) esegue disegni di grande formato ma da alcuni anni si dedica anche a formati più piccoli o a opere su tela. Dalla metà degli anni 1990 l’artista australiana, che oggi vive e lavora a Los Angeles, crea immagini ispirate a strutture architettoniche, minuziosamente riprodotte in pezzi singoli o in serie di cui non è dato conoscere il contesto.

Il grande formato delle strisce di carta incerate sempre contrasta con la precisione del disegno. Di recente Khedoori ha spostato il suo focus e ha preso a cogliere i soggetti non più da lontano ma da vicinissimo. A prescindere dai motivi desunti dalla natura quali rami, montagne o nuvole, in certe opere la visione ravvicinata è accentuata a tal punto che le rappresentazioni quasi scivolano nell’astratto. Elementi ricorrenti nei lavori di Khedoori sono diverse tracce che rimandano a una realtà di per sé estranea al quadro: polvere, capelli e piccoli grumi di sporco inglobate nello strato di cera nonché inusuali riflessi di luce e ombre fungono da sottili indizi a richiamare un mondo esterno che travalica le associazioni spaziali create da Khedoori.

Ricordi: Rachel Whiteread

A partire dai primi anni 1990 l’artista britannica Rachel Whiteread (*1963) ha legato la sua fama a una produzione plastica fuori del comune. Le sue sculture nascono da impronte e calchi di oggetti quotidiani, quali strutture architettoniche o corpi cavi, che vengono ridotti a mera materia fisica e pertanto appaiono estraniati. Whiteread dà forma ai vuoti delle cose – per esempio di una borsa dell’acqua calda, di un armadio o di una libreria – fino a farle diventare sculture a sé stanti. Non soltanto oggetti singoli fanno parte del suo lavoro, ma anche imponenti calchi di interi spazi abitativi. Le sue opere sempre rimandano all’assenza dell’oggetto replicato, e quindi allo spazio interno, intermedio e circostante che nella vita di tutti i giorni perlopiù rimane ignorato. In tal modo il lavoro di Whiteread diviene, per così dire, punto di appoggio per i propri ricordi.

Zone vuote: Silvia Bächli

La produzione di Silvia Bächli (*1956) comprende una varietà di disegni di piccolo e grande formato. Le opere del primo periodo, risalenti al principio degli anni 1980, sono caratterizzate da rappresentazioni figurative e astratte di piccole dimensioni. Da poco più di dieci anni l’artista svizzera si dedica anche a lavori su carta di formato più grande che visibilmente vanno distanziandosi da motivi figurativi. L’attenzione si concentra adesso su strutture di linee e pennellate controllate, la cui forza risiede nel costante bilanciamento tra superficie cartacea e disegno. Fin dagli esordi Silvia Bächli ha presentato le sue opere come gruppi variabili in forma di installazioni che spesso ricoprono anche intere pareti. Di importanza fondamentale è l’interazione fra il disegno, i margini del foglio, il fondo della carta e le pareti bianche degli spazi espositivi. Per mezzo delle zone vuote viene a crearsi uno spazio che abbraccia anche gli osservatori.

Versatilità: Leonor Antunes

Nelle sue ampie installazioni spaziali l’artista portoghese Leonor Antunes (*1972) si confronta con la versatilità della scultura nello spazio e con il linguaggio formale moderno. Dalla fine degli anni 1990 l’artista ha creato opere site specific le cui forme geometriche e varietà di materiali, tra cui pelle, nylon e ottone, connotano anche i suoi lavori attuali. Parallelamente all’esplorazione della qualità materica e all’interazione fra scultura e architettura Antunes indaga gli sfondi storici e sociali di figure preminenti dell’architettura, del design e dell’arte fuori degli schemi consueti. I motivi ed elementi che prende in prestito da mobili, tessuti o riproduzioni a stampa vengono copiati fedelmente e svincolati dalla loro funzione originaria. In tal modo Antunes rielabora queste particolari citazioni conferendo loro una valenza sculturale.

Senso dello spazio e percezione spaziale

Sotto molti aspetti le cinque artiste sono assai diverse tra loro: non solo vivono in luoghi disparati del mondo, ma anche i loro mezzi di espressione e approcci artistici, il loro confrontarsi con tematiche specifiche e il loro contesto lavorativo sono differenti. Tuttavia, le loro opere sono accomunate dall’essere esemplificative di quel senso dello spazio su cui verte la mostra. A tutta prima le installazioni, le sculture e i disegni appaiono riservati e quasi trattenuti, ma precisamente in ciò risiede la loro forza d’impatto, finalizzata alla nostra percezione spaziale.

 

La mostra è generosamente sostenuta da:

Beyeler-Stiftung
Hansjörg Wyss, Wyss Foundation

ERICA Stiftung
Donatrici della Fondation Beyeler

Immagine: potranno essere ottenute al sito web www.fondationbeyeler.ch/fr/medias/images-de-presse

Ulteriori informazioni:

Silke Kellner-Mergenthaler
Head of Communications
Tel. + 41 (0)61 645 97 21, presse@fondationbeyeler.ch, www.fondationbeyeler.ch Fondation Beyeler, Beyeler Museum AG, Baselstrasse 77, CH-4125 Riehen

Orari di apertura Fondation Beyeler: tutti i giorni 10.00–18.00, mercoledì fino alle 20.00

 

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