A dieci anni dalla morte Saronno ricorda il pittore Furio Cavallini con una mostra di opere ad olio e disegni che ben si sposano con tema delle celebrazioni dantesche.
Purgatorio. I sospesi
Nel decimo anno dalla morte del pittore Furio Cavallini, l’Associazione Flangini, in collaborazione con l’Assessorato alla cultura di Saronno, presenta la sua mostra Purgatorio. I sospesi, in occasione dei 700 anni della morte di Dante.
Artista figurativo, Cavallini (Piombino 1929) è stato un pittore molto noto alla metà del secolo scorso.
Ha intensamente lavorato tra Toscana e Lombardia, realizzando numerose opere, tra cui un’interessante serie di disegni dedicati alla condizione purgatoriale dei malati mentali.
La mostra è curata da Elisa Favilli e Cristina Renso e viene proposta come l’occasione di un “incontro” con un artista provocatorio, che già negli anni Sessanta aveva colto le contraddizioni di un eccessivo sviluppo economico che porta all’alienazione dell’uomo e all’estenuazione fisica fino alla malattia.
D’altro canto, la malattia, e la condizione di isolamento che essa comporta, è stata un’esperienza che anche l’artista ha conosciuto nel 1955-56, quando venne ricoverato al sanatorio di Firenze.
Come nei ritratti, anche nelle nature morte e nelle architetture si avverte un senso di abbandono, che diventa attesa nella rappresentazione della giacca, allusione a un ritorno, ad una situazione sospesa di assenza-presenza.
Amico di Luciano Biancardi, condivide con lo scrittore il senso di insofferenza e disagio rappresentato dalla città di Milano che si espande nl boom economico fagocitando la natura.
Nel 1987 l’artista si era trasferito a Trieste trasferendo il suo studio negli spazi dell’ex manicomio di Trieste
In neanche un anno realizza una serie notevole di dipinti e disegni che ritraggono gli ultimi ospiti dimenticati della struttura psichiatrica ormai chiusa.
Sono “sospesi” tra la realtà una vita malata e la speranza/illusione di una vita sana.
Sono attori e spettatori indifesi e inermi di esistenze ormai troppo segnate per cambiare.
Ad essi la mostra dedica una specifica sezione tutta particolare perché gli alberi del Manicomio diventano sbarre che li escludono dalla realtà e con essi l’artista che ne condivide l’esperienza.
Attraverso le finestre essi possono solo osservare il mondo e la vita che scorre poco lontano nel parco divenuto pubblico.