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Angelo Tabaro

Oltre il male, come allora

Marzo 2021/1

MAICHOL CLEMENTE. WHITE MARBLE AND THE BLACK DEATH IL MARMO BIANCO E LA PESTE NERA

Oltre il male, come allora

 

L’altar maggiore della Chiesa di Santa Maria della Salute a Venezia, opera di Giusto Le Court
L’altar maggiore della Chiesa di Santa Maria della Salute a Venezia, opera di Giusto Le Court

 

Nel 2019 l’editore veneziano Marsilio ha dedicato una bella pubblicazione all’altare maggiore della Basilica di Santa Maria della Salute o semplicemente La Salute a Venezia.

La pubblicazione Il marmo bianco e la peste nera. White Marble and the Black Death è opera di un giovane studioso Maichol Clemente, consulente dello Szépművészeti Múzeum di Budapest per il patrimonio di sculture venete lì conservate.

Il libro è stato ufficialmente presentato il 19 novembre 2019 nel seminario patriarcale, affiancato alla Basilica, quando non c’era ancora sentore della terribile Pandemia da Covid19, che poco dopo avrebbe colpito il mondo intero.

Il libro parla tuttavia di una pandemia che ha ridotto drasticamente la popolazione veneziana nel XVII secolo.

Era il 1629 e a Venezia la peste cominciava ad imperversare, la popolazione veniva decimata, i morti non si contavano senza distinzione tra popolo e nobiltà.

Il Doge fece un voto alla Beata Vergine con cui impegnava solennemente la Serenissima a erigere un magnifico tempio in suo onore in cambio della cessazione di quell’infernale morbo.

Il morbo cessò e Venezia ha rispettato il voto: il risultato è la magnifica Basilica, sul Canal Grande a due colpi di remo dal Bacino di San Marco, uno dei capolavori dell’architetto Baldassarre Longhena.

Si tratta di una delle chiese veneziane più rappresentate nelle straordinarie vedute di Venezia di Canaletto, di Guardi e di moltissimi altri artisti rapiti dalla luce e dai colori della città sull’acqua.

Il lavoro del giovane Clemente era rivolto in particolare al complesso scultoreo dell’artista fiammingo Giusto Le Court chiamato a rappresentare la vittoria sul terribile male.

Il marmo infatti raffigura l’immagine del terribile morbo nel momento della sua sconfitta.

Nel monumentale altare maggiore della Basilica, la figura della Peste è la parte più impressionante e spettacolare dell’intero complesso: una vecchia dai seni candenti mentre fugge sconvolta.

In una posa di forte dinamismo, la peste allarga le braccia e urla, mostrando un profondo cavo orale sdentato, per aumentare l’illusione dell’urlo disumano.

È la forte immagine della peste che lascia definitivamente la città e fugge sconfitta aprendo a nuova vita la comunità.

Allora la Serenissima affidò all’arte il messaggio di speranza e il ritorno alla vita.

Certo non sapremmo oggi, per la sua dimensione planetaria, come rappresentare l’immagine del COVID-19, ma speriamo fortemente che quanto prima il morbo sia sconfitto e siamo convinti che l’arte, come allora, aiuterà a riconquistare la fiducia in un nuovo futuro per l’umanità.

 

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