PROSPETTIVE

Angelo Tabaro

Angelo Tabaro

I musei del dopo-pandemia

Sembrano ricordi lontani le reazioni dei sensi ai colori, luci, suoni che si “respiravano” negli ambienti chiusi o aperti delle esposizioni

I musei del dopo-pandemia

 

International Council of Museums
International Council of Museums

 

È già trascorso un anno dall’arrivo anche in Italia del Virus Covid19 e il Paese sta vivendo le conseguenze di una Pandemia planetaria e globale, come lo sono le comunicazioni, i trasporti, i movimenti delle persone in ogni angolo della terra.

Le alterne e oscillanti vicende – tra chiudi, apri, richiudi, riapri con limitazioni, richiudi – hanno avuto un impatto incredibile nel mondo della cultura, in particolare nei Musei e nelle istituzioni che conservano e “mostrano” le evidenze dell’arte e della produzione della creatività dell’uomo nei secoli.

Si è interrotta la continuità del contatto fisico del pubblico con le opere, sono mancate le emozioni dell’incontro dell’occhio con oggetti, immagini, performance.

Sembrano ricordi lontani le reazioni dei sensi ai colori, luci, suoni che si “respiravano” negli ambienti chiusi o aperti delle esposizioni.

È vero che la gran parte di queste Istituzioni, quelle più solide almeno, hanno cercato di correre ai ripari attraverso le potenzialità delle nuove tecnologie digitali.

Notevoli sono stati gli sforzi per permettere al pubblico di rimanere in contatto, anche se solo virtuale, con il proprio patrimonio culturale.

Il processo di digitalizzazione dei musei e dei loro contenuti, che purtroppo andava a rilento, ha conosciuto ovunque una forte accelerazione.

Istituzioni pubbliche e private hanno predisposto nuovi contenuti digitali ad hoc per le proprie collezioni e per le esposizioni temporanee, hanno moltiplicato i contributi audio-video, avviato campagne di comunicazione a ritmo serrato, hanno creato virtual tour, sono entrati o hanno potenziato la propria presenza sui social media.

Per molti si è trattato di una rivoluzione copernicana che ha mostrato la distanza delle proprie tradizionali attività rispetto alla nuova realtà sociale del terzo millennio imponendo radicali riflessioni sul ruolo e la funzione del Museo.

È emersa spesso la fragilità della struttura organizzativa di fronte alla inderogabilità di rivedere il modo d’essere e di proporsi di Istituzioni spesso ancora legate a visioni ottocentesche.

Certamente positivo è lo sforzo di tutti nel tentativo di mantenere il contatto, anche se solo virtuale, con il pubblico.

Quale sarà allora il futuro dei Musei?

Di certo il virtuale non potrà mai sostituirsi al rapporto diretto che ogni opera o manifestazione d’arte richiede per esprimere pienamente il suo significato e il suo valore identitario per la comunità.

È un dibattito aperto in Italia ai diversi livelli di responsabilità che impegnerà nei prossimi anni il Ministro della cultura, le Istituzioni culturali, la sezione italiana dell’ICOM, International Council of Museums, oltre a intellettuali e studiosi.

Certo è che, come il dopoguerra, anche il dopo-pandemia richiederà un processo di ricostruzione dei Musei e delle Istituzioni culturali, non fisico come negli anni Cinquanta del XX secolo, ma di contenuti, obiettivi e relazioni con le comunità.

Io credo comunque che il Museo continuerà e potenzierà l’apporto del digitale nella sua attività, come strumento per favorire e potenziare il rapporto con il territorio e la propria comunità, un rapporto che veda il pubblico non semplice osservatore “esterno” ma protagonista attivo e partecipe del proprio patrimonio culturale.

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