PROSPETTIVE

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Angelo Tabaro

HOW WILL WE LIVE TOGETHER? COME VIVREMO INSIEME?

Si è aperta al pubblico il 22 maggio la 17^ edizione della Mostra internazionale di Architettura della Biennale di Venezia

Il messaggio di Sakis è rivolto agli architetti e può essere letto come un invito ad orientare il loro lavoro di costruttori e urbanisti in un’ottica di attenzione alle condizioni del vivere e della relazione sociale

HOW WILL WE LIVE TOGETHER? COME VIVREMO INSIEME?

 

 

Il titolo che il Direttore di Biennale Architettura 2021, il libanese Hashim Sarkis, ha voluto dare alla manifestazione, proponendola anche come tema di riflessione per i partecipanti, è:

HOW WILL WE LIVE TOGETHER?  COME VIVREMO INSIEME?

Un tema molto attuale anche per le condizioni di lockdown e isolamento sociale cui siamo stati costretti dalla Pandemia da Covid19 in questi ultimi due anni.

Ma cosa vorrà dire VIVERE INSIEME?

Il messaggio di Sakis è rivolto agli architetti e può essere letto come un invito ad orientare il loro lavoro di costruttori e urbanisti in un’ottica di attenzione alle condizioni del vivere e della relazione sociale.

Ciò vuol dire vedere la casa come il luogo non solo dell’individuo inteso come singolo o ristretto nucleo familiare ma come centro di una comunità, dove le relazioni umane e la socialità sono la forza.

In questo senso è interessante la proposta del padiglione della repubblica Popolare Cinese.

Il curatore del Padiglione ha infatti elaborato un allestimento che permette di mostrare il design della struttura tradizionale cinese, “Yuan-er“, un cortile dove vivono più famiglie.

La parola cinese “Yuan-er” ha però un significato molto più pregnante della parola inglese courtyard o della nostra “cortile”.

In cinese, “yuan-er” significa sia la forma spaziale del cortile che la comunità che vi abita.

In questa comunità, le persone interagiscono sostenendosi e aiutandosi a vicenda.

Questo senso di comunità e questo bisogno di relazioni che vanno ben oltre i semplici affetti personali è quello che forse più di ogni altra cosa ci è mancato nel lungo periodo di isolamento, ma soprattutto è un valore che nessuna relazione digitale, nessuna DAD, nessuna soluzione tecnologica possono sostituire.

Non è quindi solo una questione soluzioni costruttive.

Certamente i grandi complessi abitativi, dove ognuno ignora le persone che abitano nello stesso pianerottolo, che usano la stessa scala ogni giorno, non aiutano a guardare un futuro in cui vivere insieme.

Né i centri storici disabitati o le piazze vuote o i giardini pieni di divieti e di barriere.

L’impegno che la società già da subito chiede agli ingegneri, agli architetti, agli urbanisti è di aiutare a costruire uno spazio urbano, nella sua dimensione familiare e nella sua dimensione collettiva, come una piazza ove le persone si incontrano, dialogano, formano comunità.

Facile forse a dirsi, ma non altrettanto a farsi, come dimostrano le tante e diverse proposte, riflessioni e interpretazioni che offre questa Biennale Architettura.

Ma vivere insieme non è, come si è detto più sopra, solo una questione di luoghi fisici, ma anche di luoghi mentali e di rapporto con il mondo immateriale delle nuove tecnologie e dei nuovi e sempre più potenti strumenti di comunicazione.

Come si rapporteranno le nuove generazioni, i cosiddetti nativi digitali, di fronte alla possibilità di costruirsi un mondo di relazioni potenzialmente enormi ma solo virtuali?

E il sentirsi parte di una comunità virtuale senza confini può offrire loro tutti quei valori di umanità, identità, storia ed esperienze che rendono la comunità elemento portante della Società umana?

La Pandemia ha creato un vuoto, uno strappo in una evoluzione che lentamente e inconsapevolmente ci portava a vivere entro orizzonti sempre più lontani dalla nostra dimensione umana.

Forse COVID19, in questo senso, potrebbe essere considerata addirittura una fortuna, in passato forse avremmo parlato di un monito divino.

Non voglio certo dimenticare i dolori, i drammi e le morti che questa terribile Pandemia ha procurato all’umanità tutta, nè le conseguenze sociali ed economiche che essa ha causato e che dovremo pagare, anzi che dovranno pagare i nostri figli per anni.

Non è questo il senso della mia affermazione che vuol solo far riflettere sul fatto che “domani” non potremmo riprendere il cammino da dove ci siamo fermati, come se nulla fosse successo, come se la pandemia fosse stata solo una parentesi nel discorso della storia.

Dobbiamo, da subito, ma già molti sono i segnali che arrivano da ogni parte del mondo, rivedere il rapporto dell’uomo con tutto ciò che lo circonda, non solo fuori di sé ma al suo stesso interno.

Io sono personalmente fiducioso.

 

SITO WEB: https://www.labiennale.org/it/architettura/2021

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