Capire un’opera contemporanea richiede un atto di volontà, uno sforzo di conoscenza non sempre semplice e lineare
ARTE CONTEMPORANEA E FORMAZIONE DEL PUBBLICO
L’edizione 2015 della Biennale Arte di Venezia ha voluto, nelle intenzioni programmatiche del suo curatore, il compianto critico d’arte nigeriano-statunitense Okwui Enwezor, porre l’accento sul rapporto tra arte e impegno civile, privilegiando gli autori capaci con le loro opere di fare riflettere sulle molte emergenze che affliggono il mondo: dall’effetto-serra all’ambientalismo, al fondamentalismo islamico.
Questa esplicita compromissione degli artisti e delle loro ricerche con il contesto ideologico, culturale, sociale e politico si era manifestata profondamente in maniera sempre più consapevole a partire dagli anni Settanta del secolo scorso.
Si è progressivamente affievolita la visione dell’arte come rappresentazione visiva, a volte celebrativa, di mondi trascorsi o di presenti diversi dalla effettiva realtà.
Opere e azioni escono dai tradizionali confini dell’arte proprio per avvicinarsi al mondo della vita reale, affrontando in molti casi esplicitamente le questioni in quel momento più rilevanti, dalla lotta politica al vivo dibattito sui temi civili e sociali, secondo un’idea di creatività al servizio della società.
Sorge spontanea allora la domanda su dov’è oggi l’arte disinteressata, dedita al culto della bellezza, all’ideale dell’estetica classica, l’arte per l’arte che ha prodotto in passato capolavori incredibili, storicamente e ancora oggi riconosciuti.
È consolidato che gran parte dell’arte dalla seconda metà del XX secolo abbia scelto di assumere un ruolo critico e politico, per cui parole come critica, provocazione e militanza t sono diventate l’asse perentoria e ineluttabile che ha guidato molti artisti verso pratiche estreme, talora brutali, allo scopo di mettere in crisi le nozioni, apparentemente immutabili, di Bello, Forma, Spazio ed edificare un nuovo modo di concepire l’arte e l’estetica più in generale.
La presenza di queste nuove forme artistiche in molti musei, spesso a fianco di collezioni classiche ispirate alla visione di arte che aveva segnato la storia fino al secolo scorso, spesso imbarazza il visitatore comune.
Se è immediato, infatti, il giudizio sulle opere classiche, ammirabili per la loro forma estetica e facilmente interpretabili nelle immagini presentate, diverso è l’atteggiamento verso espressioni artistiche i cui valori sono sempre più spesso esterni rispetto a ciò che viene offerto all’occhio.
L’impatto dell’occhio, anche senza conoscere l’autore, era sufficiente per un giudizio generale su un quadro di Raffaello, Tiziano, Rembrandt o una scultura di Canova e di un numero indefinito di artisti che hanno segnato più o meno profondamente la storia dell’arte fino alle Avanguardie del Novecento.
Di fronte ad un’opera contemporanea la vista non è più sufficiente, la comprensione dell’opera richiede la conoscenza dell’autore, del suo percorso di ricerca artistica, della sua visione del mondo, del suo impegno civile.
Capire un’opera contemporanea richiede quindi un atto di volontà, uno sforzo di conoscenza non sempre semplice e lineare.
Serve quindi quella che, nel gergo teatrale, viene definita la formazione del pubblico, l’azione degli organizzatori a fornire allo spettatore gli strumenti che permettano progressivamente di conoscere e quindi capire.
Senza questo l’opera è come una cornice vuota.
Ai curatori di sezioni museali o di mostre temporanee dedicate al contemporaneo spetta il compito di portare il visitatore a vedere i contenuti dentro quella cornice.
Ad essi e alle istituzioni pubbliche e private che organizzano le esposizioni, siano esse permanenti o temporanee, si richiede pertanto di dedicare a questa formazione le stesse energie profuse nella ricerca, nell’allestimento e nella comunicazione.