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Giuseppe Tassi

Samarcanda è stata capitale dell’impero persiano 2700 anni fa e polo vitale per il transito delle merci

Un viaggio del 1987 nell’Unione sovietica, prima della caduta del Muro, mi riapre le porte di Samarcanda, in Uzbekistan

Samarcanda è stata capitale dell’impero persiano 2700 anni fa e polo vitale per il transito delle merci

LBM1948, CC BY-SA 4.0 , via Wikimedia Commons
LBM1948, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons
Un viaggio del 1987 nell’Unione sovietica, prima della caduta del Muro, mi riapre le porte di Samarcanda, in Uzbekistan
Samarcanda.
Basta la parola per evocare un luogo senza tempo, dove la realtà si trasfigura, dove il rotolare dei secoli si coglie nell’aria come una musica arcana.
Nel cuore di piazza Registan, fra le Madrase dalle maioliche blu, vedi scorrere carovane di mercanti medievali che percorrono la via della seta.
Viaggi da un capo all’altro del mondo conosciuto fino al Catai, la Cina poi raccontata da Marco Polo.
Samarcanda è stata capitale dell’impero persiano 2700 anni fa e polo vitale per il transito delle merci.
Secoli dopo Tamerlano l’ha trasformata in una reggia a cielo aperto e oggi piazza Registan è un fantasticio salotto monumentale. Ma anche il crocevia di mille culture, che qui si sono combattute ferocemente e poi integrate.
Nel segno di una civiltà superiore, dove l’alfabeto e i numeri arabi si sposano alla lingua di radice persiana, ai sogni di un Impero universale, cullati da Alessandro Magno e poi dallo stesso Tamerlano.
Una città’ quasi metafisica che ispira pensieri alti dentro il triangolo delle grandi moschee.
Una città che fa guardare al cielo, che aspira al trascendente con il suo blu cobalto e le nobili architetture.
Alle stelle guardava Ulugh Beg, nipote di Tamerlano, che fece costruire un grande osservatorio astronomico di cui restano tracce importanti.
Il maestoso frontone dell’edificio ricorda Stargate, la porta che permette di viaggiare nel tempo in un celebre film americano. Proprio grazie a quel portone Ulugh Beg è arrivato fino a noi.
E forse è proprio qui che ha finito la sua corsa il cavallo di Roberto Vecchioni nella sua poetica canzone dedicata a Samarcanda.
In quella pazza corsa per sfuggire alla morte, il cavaliere misterioso ha realizzato il suo sogno di eternità.

Di Giuseppe Tassi

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