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Giuseppe Tassi

Giuseppe Tassi

Parasailing. L’emozione ha un nome e ho il piacere di scoprirla a Rodi

Lo spettacolo è affascinante e la voglia di emulare quell’Icaro

Parasailing. L’emozione ha un nome e ho il piacere di scoprirla a Rodi

23 October 2020, Greece, Kefalos: Tourists hang on a parasailing parachute and let themselves be towed by a boat across the sea at Kefalos off the island of Kos in Greece. Photo: Robert Michael/dpa-Zentralbild/ZB
23 October 2020, Greece, Kefalos: Tourists hang on a parasailing parachute and let themselves be towed by a boat across the sea at Kefalos off the island of Kos in Greece. Photo: Robert Michael/dpa-Zentralbild/ZB

 

Parasailing.
L’emozione ha un nome e ho il piacere di scoprirla su una spiaggia sassosa di Rodi.

Vedo sulla linea dell’orizzonte quei motoscafi che tagliano le onde e poi, all’improvviso, lanciano in cielo un’appendice colorata.

Un grande paracadute si schiude e porta in cielo con sé il suo carico umano.
Lo spettacolo è affascinante e la voglia di emulare quell’Icaro moderno diventa incontenibile. Rodi mi ha regalato la vista spettacolare dell’acropoli di Lindos, la parata di quei poveri asinelli che portano in groppa turisti sudati sotto il sole a picco.

E poi il severo castello dei cavalieri di Malta che qui trovarono rifugio una volta scacciati dal Santo Sepolcro.

Ma adesso tutto questo non mi basta e neppure il blu profondo del mare di Grecia appaga la mia sete di avventura.
Un picco di adrenalina mi spinge alla sfida.
Ho voglia di volare da quando ero bambino e adesso l’occasione è troppo ghiotta per farsela sfuggire.
Contratto il prezzo con il barcaiolo Stavros e salgo con moglie e figlio increduli sul motoscafo che va verso il largo.
Su quelle onde Stavros si sente un pilota di Formula 1, le trapassa con la foga di Senna, incurante delle frustate violente ai reni dei passeggeri.
Provo più paura in quel tragitto tra i flutti che quando Stravros e il suo aiutante mi sganciano in cielo.
L’operazione è frettolosa.
Appena siamo in mare aperto, a una distanza di sicurezza dalla costa, il pilota del motoscafo e il suo complice armeggiano frenetici all’imbracatura che deve tenermi agganciato al paracadute.
Il motoscafo accelera mentre mio figlio mi guarda impaurito e ammirato come fossi un astronauta sul punto di lasciare la Terra.
Lo rassicuro con un sorriso e poi aspetto la magia del vento e della velocità.
Bastano una trentina di metri e il paracadute comincia a gonfiarsi mentre io mi stacco poco a poco dalla prigione della gravità.
Pochi secondi e sono in volo sopra quel mare incantato a una ventina di metri sopra lo scafo. Dalla barca mi salutano, scattano foto, spiano la mia faccia per carpire sensazioni.
Io mi sento un po’ Icaro e un po’ Modugno.
Mi godo il panorama e quella strana ebbrezza.
Finché la frettolosa imbracatura non scatena i suoi devastanti effetti.
Sento l’inguine stretto in una morsa di cavi e un dolore crescente che minaccia la serenità di quel volo.
Provo a ruotare le anche, a sciogliermi da quella prigione, mentre da giù intuiscono che qualcosa non va.
Scruto la costa e la bellezza dell’insenatura ma piano piano sbianco in volto e sento che mi mancano le forze. É a quel punto che l’immaginario tassametro scatta nella testa di Stavros.
Il lungo cavo viene arrotolato poco a poco e io plano dai cieli fino al motoscafo, nascondendo la mia sofferenza dietro un sorriso di sollievo.
Quando mi chiedono come é stato volare, rispondo con una sola parola: indimenticabile.

Di Giuseppe Tassi

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