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Giuseppe Tassi

Giuseppe Tassi

LA PAURA E QUEL PAIO DI SCARPE ROSSE

Ci sono voluti quarant’anni prima che mi decidessi a comprarmi un bel paio di scarpe inglesi, in tutto e per tutto uguali a quelle di mio nonno Ettore

LA PAURA E QUEL PAIO DI SCARPE ROSSE

 

OlafJanssen, CC BY-SA 3.0 , via Wikimedia Commons
OlafJanssen, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons
La paura è una strana compagna di viaggio della nostra infanzia.
Un tarlo sottile, un brivido che ti percorre circondato da un alone di mistero.
Io avevo paura del buio, come tanti, ma soprattutto di un paio di scarpe rosse.

Erano di mio nonno Ettore e sbucavano sinistre da un tendino sotto il lavabo della cucina.

Lui, per comodità, le parcheggiava lì. Sempre lustre, perfette, pronte all’uso.
Meticoloso e attento come in ogni suo gesto, Ettore strofinava quelle vecchie e classiche scarpe inglesi con amore e con vigore.
Il risultato è che quella cera rossastra lasciava una sottile patina sulla pelle, virando il colore naturale verso un rosso cupo.
Sapevo benissimo che quelle erano le scarpe del nonno ma nei miei sogni di bambino diventavano la spia di una presenza minacciosa, incombente: il segno visibile di un uomo misterioso pronto a farmi male.

Ero un bambino che si affacciava alla pubertà, appassionato di intrighi e misteri.

In tv Juliette Greco mi faceva fremere dentro la nera veste di Belfagor, il fantasma del Louvre e Giorgio Albertazzi rivoltava gli occhi, lasciando intravvedere le orbite bianche, segno della sua trasformazione dal probo dottor Jekill al bestiale Mister Hyde.
Confesso che in quel clima di brividi sospesi le scarpe rosse erano diventate il mio incubo ricorrente, il più subdolo compagno di viaggio delle mie notti.
Passarono anni prima che mi liberassi dall’ossessione, prima che fossi capace di fissarle senza provare un senso di disagio.
Il nonno era un uomo chiuso e introverso, abitava con la mia famiglia ma faceva vita ritirata.
Si chiudeva per ore in camera sua raccolto in preghiera e io lo spiavo, strisciando sul pavimento, silenzioso come un marine.
Il mistero delle scarpe rosse aveva certamente a che fare con Ettore e il suo nebuloso passato che per me si perdeva nella notte dei tempi.
Ci sono voluti quarant’anni prima che mi decidessi a comprarmi un bel paio di scarpe inglesi, in tutto e per tutto uguali a quelle di mio nonno Ettore.
E oggi le sfoggio con orgoglio ma non uso mai la cera rossa per lucidarle

Di Giuseppe Tassi

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