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Giuseppe Tassi

Il 2 agosto 1980, 41 anni fa, ero alla stazione di Bologna. Ecco il ricordo di quella giornata

Vorrei piangere, vorrei urlare ma un nodo stretto mi attanaglia la gola. E poi il mio compito é quello di raccontare

Il 2 agosto 1980, 41 anni fa, ero alla stazione di Bologna. Ecco il ricordo di quella giornata

 

19800802-STRAGE DI BOLOGNA: ATTENTATO TERRORISTICO ALLA STAZIONE CENTRALE DI BOLOGNA. Nella foto: Soccorritori a lavoro. ANSA ARCHIVIO 97543
19800802-STRAGE DI BOLOGNA: ATTENTATO TERRORISTICO ALLA STAZIONE CENTRALE DI BOLOGNA. Nella foto: Soccorritori a lavoro. ANSA ARCHIVIO 97543

 

Il 2 agosto 1980, 41 anni fa, ero alla stazione di Bologna con l’amico Gigi Campagnoli, operatore di ripresa, e la telecamera di Videobologna, l’emittente tv del Resto del Carlino. Ecco il ricordo di quella giornata.
É il 2 agosto 1980.
L’aria profuma di vacanza e fra due giorni devo partire in treno per il Portogallo con la mia ffidanzata e due coppie di amici.
Abbiamo programmato quel viaggio-maratona sui binari per gustarci il percorso tappa đopo tappa: Barcellona, poi Madrid e di lì l’ultimo slancio verso Lisbona.
In questo sabato pigro, con la città che si svuota lentamente, raggiungo Castel San Pietro, a un pugno di chilometri da Bologna.
Con me, sulla vecchia Ritmo, c’è Gigi, l’operatore di Videobologna, l”emittente che programma il Telecarlino, realizzato dalla nostra redazione televisiva.
Siamo li per girare un servizio su una squadra di ciclismo, il Pedale Casalecchiese.
Riprese colorate al team che parte per Parigi per una cicloescursione europea.
Poi una bella intervista al factotum Adriano Amici, una allo sponsor, Giuseppe Bombi, e il gioco è fatto.
Con Gigi risaliamo in auto , diretti verso la sede di Videobologna, per montare il servizio.
Alle 10.25 l’auto corre lungo i viali poco dopo Porta Mazzini. All’improvviso un rumore di tuono scuote il cielo e l’asfalto.
La sensazione è che per un attimo la terra sussulti, come durante un terremoto.
Il fragore é forte, istantaneo e fa pensare a un’esplosione.
Io e Gigi ci guardiamo increduli.
Percorro pochi metri e alla prima cabina telefonica scendo dall’auto.
Chiamo la segreteria di redazione del giornale e la signorina Masi mi risponde con voce concitata: “I cronisti stanno uscendo ora, pare sia scoppiata una caldaia alla stazione.
Vada anche lei, avverto io il suo caposervizio”.
Mentre parla, Marco Guidi afferra la cornetta: “Beppe vai là, gira tutto il possibile, raccogli testimonianze e poi vieni con il materiale a Videobologna.
Io vado subito in studio e comincio una diretta”.
In un lampo siamo a Piazza Medaglie d’oro, davanti alla stazione.
La scena é apocalittica.
L’ala destra dell’edificio è crollata, disintegrata, come se un gigantesco maglio l’avesse colpita.
Il grande orologio ha il vetro frantumato e le lancette ferme alle 10.25, il tempo eternamente sospeso della tragedia che si consuma.
Nella piazzola dei taxi le auto sono coperte di detriti.
Una nuvola di polvere si alza fra le macerie in mezzo alle grida concitate dei feriti e dei soccorritori.
È uno squarcio di inferno dantesco che diventa realtà.
Gigi mi segue passo passo mente mi avvicino ai soccorritori.
Molti sono lavoratori delle Ferrovie in cerca dei loro amici sepolti sotto i resti della stazione.
Un autobus, il numero 37, si trasforma in una gigantesca ambulanza per trasportare i feriti all’ospedale Maggiore.
Arrivano le prime autolettighe della Croce Rossa e il loro fischio sinistro diventa la colonna sonora del dramma che si compie ma anche il filo di speranza per chi lotta contro la morte.
Vorrei piangere, vorrei urlare ma un nodo stretto mi attanaglia la gola.
E poi il mio compito é quello di raccontare.
Come potrei farlo con hli occhi bagnati di lacrime. e la voce tremante? Così entro in una specie di trance da cronista, mi aggiro in quella bolgia, incrociando maschere di sangue che urlano il loro dolore e la cupa processione delle barelle con i cadaveri dilaniati dall’esplosione.
Mi viene in mente la potenza evocativa di Guernica di Picasso, con quei volti disumani e quei corpi martoriati dalle atrocità della guerra civile spagnola.
Gigi riprende tutto con la sua fida telecamera, suda copiosamente sotto la cappa di polvere e calore.
Finalmente riesco a trovare un testimone disposto a raccontare quell’inferno. È un tabaccaio che ha visto crollare l’ala della stazione come una sagoma di cartone: “È stato atroce, ci sono amici e colleghi sotto le macerie e tante famiglie che partivano per le vacanze.
La causa? Sembra che sia esplosa una caldaia nel sottosuolo”.
La tesi dell’incidente é presto smentita da altre testimonianze e a poco a poco si fa largo la parola attentato.
Nella sala d’attesa di seconda classe la polizia individua il pozzetto scavato dall’esplosione. Si pensa a una valigetta piena di tritolo, fatta esplodere a distanza.
Mentre Gigi ed io abbandoniamo la stazione tutte le ipotesi sono ancora aperte.
Arriviamo di corsa a Videobologna.
Marco ci chiede di trasmettere integralmente il materiale girato, testimonianze comprese.
Mi fa andare in studio accanto a lui a raccontare quanto ho visto, mi coinvolge nella diretta telefonica aperta ai telespettatori.
Andiamo avanti fino alle dieci di sera in una maratona televisiva che non finisce mai.
Soltanto a tarda notte le dimensioni della tragedia assumono contorni definiti: 85 morti, 200 feriti e la certezza che il 2 agosto alle 10.25 é scoppiata una bomba.

Un attentato terroristico in piena regola.

Di Giuseppe Tassi

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