Scoprire Giotto negli straordinari affreschi della Cappella degli Scrovegni di Padova attraverso le sue riproduzioni fotografiche
Il Museo Eremitani di Padova presenta la mostra fotografica Lo Scatto di Giotto. La Cappella degli Scrovegni nella fotografia tra ‘800 e ‘900
Dal 28 ottobre 2023 il Museo Eremitani di Padova propone Lo Scatto di Giotto. La Cappella degli Scrovegni nella fotografia tra ‘800 e ‘900, mostra che ricostruisce attraverso un percorso espositivo composito la straordinaria fortuna visiva della Cappella degli Scrovegni.
Nota in tutto il mondo per essere il capolavoro assoluto affrescato da Giotto, pochi sanno però che Cappella degli Scrovegni è stata fra i primi monumenti italiani a essere riprodotto in fotografia in modo sistematico e puntuale.
Fu Carlo Naya, uno dei pionieri italiani della fotografia, ad ammortarla per la prima volta nell’estate del 1863, a meno di venticinque anni dall’invenzione ufficiale di questa tecnologia.
Il percorso espositivo parte dalle prime riproduzioni degli affreschi giotteschi, in uno scenario in bianco e nero creato grazie alle rare e preziose lastre fotografiche realizzate da Luigi Borlinetto a partire dal 1883, si scoprono dettagli poco noti e punti di vista inconsueti, restituendo all’osservatore contemporaneo l’esperienza di un visitatore della seconda metà dell’Ottocento.
Arriviamo poi al Novecento con le celebri campagne fotografiche Alinari e di Domenico Anderson, il cui valore si intreccia con quello dell’editoria d’arte e di divulgazione.
Agli Alinari di Firenze va il merito del fatto che le immagini della Cappella degli Scrovegni vennero inserite nei cataloghi d’arte a partire dal 1906 e faranno il giro del mondo grazie alle edizioni tradotte in lingua inglese e francese.
Ad Alinari si deve anche la prima campagna di fotografie della Cappella degli Scrovegni a colori: siamo nel 1952 e il capolavoro di Giotto è già diventato soggetto di un’opera cinematografica.
Nel 1938 il giovanissimo regista Luciano Emmer realizza il primo film sulla Cappella degli Scrovegni: Racconto da un affresco.
Girato in 35 mm utilizzando una vecchia macchina da presa Pathé del 1913 e una truka artigianale, utilizzata per realizzare animazioni, riprese speciali, effetti particolari, Emmer eseguì lo storyboard disegnando a carboncino sulle fotografie e riprendendo poi fotogramma per fotogramma, ammettendo che “il film su Giotto può essere considerato il primo film neorealista italiano perché a ben vedere le pareti della cappella degli Scrovegni sono di fatto una specie di storyboard: mi sono limitato a filmarlo”.
Nel 1971 poi fu la volta di Pier Paolo Pasolini che fece suo il capolavoro di Giotto, utilizzandolo esplicitamente nelle scene del Decameron del 1971.
Alla fine, si arriva alla ricostruzione digitale del capolavoro di Giotto, concretizzando in un’esperienza nuova la proposta più innovativa avanzata da Giotto nel quattordicesimo secolo: che l’osservatore potesse entrare nel racconto che egli stesso aveva realizzato, così come fra Ottocento e Novecento avevano già fatto quanti si dedicarono alla riproduzione dei suoi affreschi.
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